interprete

di | 13 Febbraio 2023

Giornata di buon sole. Le api escono per un giro di perlustrazione. Vado a controllare se hanno il cibo a sufficienza. La tentazione è quella di aprire gli alveari e controllare come vanno. Non me la sento ancora di fare questa operazione. Meglio aspettare. Faccio un giro nell’orto e vedo che siamo già in piena siccità. Vorrei chiedere all’orto come sta. Ma me ne vado in silenzio e pensieroso. Certo che se  a febbraio siamo messi così…rientro in casa e mi metto a fare un po’ di cose. Poi mi passa per la mente la storia di Giuseppe e i suoi fratelli. Sono un po’ concentrato su questo. Mi vengono in mente gli anni della carestia, della sete, della fame, i famosi 7 anni delle vacche magre. Mi passano per la testa quei fratelli che vengono mandati dal padre Giacobbe a comprare cibo in Egitto. E mi viene in mente l’incontro di questi fratelli con il loro fratello Giuseppe che subito li riconosce, ma non si fa capire e li tratta duramente. Il testo dice così:  Perciò i fratelli di Giuseppe vennero da lui e gli si prostrarono davanti con la faccia a terra. 7 Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe, ma fece l’estraneo verso di loro, parlò duramente. Fece l’estraneo. Chi studia questi testi dichiara che Giuseppe per fare l’estraneo aveva solo un modo, quello di far finta di non conoscere la lingua e di aver bisogno  di un interprete. Io non ho bisogno di fare finta con le mie api. Magari avessi un interprete che mi spiega come stanno, che mi fa comunicare con loro. E così anche con l’orto: un interprete per sentirmi dire come sta. Ma questa cosa dell’interprete nella vicenda di Giuseppe e i suoi fratelli è fondamentale. L’interprete diventa il mediatore tra Giuseppe e i suoi fratelli, è colui che avvia e favorisce l’incontro. E lo fa su due livelli. Il primo consiste nel fatto che traduce tutta la rabbia e la delusione di Giuseppe ai suoi fratelli, rimanda ai fratelli tutto il sentirsi tradito di Giuseppe. Fa da specchio tra le due parti. E così i fratelli lentamente comprendono il dolore e la ferita di Giuseppe e viceversa Giuseppe lentamente comprende il senso di dolore e di colpa dei fratelli. Il dialogo è lungo. Ne riporto solo due battute per far comprendere meglio quello che voglio dire. Giuseppe parte così: “Voi siete spie! Voi siete venuti a vedere i punti scoperti del paese». 10 i fratelli gli risposero: «No, signore mio; i tuoi servi sono venuti per acquistare viveri. 11 Noi siamo tutti figli di un solo uomo. Noi siamo sinceri. I tuoi servi non sono spie!». 12 Ma egli disse loro: «No, voi siete venuti a vedere i punti scoperti del paese!». 13 Allora essi dissero: «Dodici sono i tuoi servi, siamo fratelli, figli di un solo uomo, nel paese di Canaan; ecco il più giovane è ora presso nostro padre e uno non c’è più». 14 Giuseppe disse loro: «Le cose stanno come vi ho detto: voi siete spie. È l’interprete che traduce, che fa da specchio. Abbiamo sempre bisogno di un specchio, di un interprete, un mediatore, non possiamo fare tutto da soli.

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