martedì 7 maggio

di | 6 Maggio 2024

Mc. 4,35-41

35 In quel medesimo giorno, verso sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». 36 E lasciata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. 37 Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena. 38 Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che moriamo?». 39 Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. 40 Poi disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?». 41 E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?».

Commento

Abbiamo appena finito la sezione del vangelo di Marco che riguarda le parabole del regno. Ora ci troviamo di fronte come ad un imprevisto. L’imprevisto non è soltanto legato al fatto che c’è questa tempesta sul lago, ma che i discepoli, pur avendo sulla barca lo stesso Gesù, hanno paura; da qui sembra che tutto quello che hanno imparato e ascoltato circa le parabole del regno e del seme che cresce non sia servito a niente. Di fronte all’imprevisto si prova paura. Ma la cosa interessante del testo non è tanto la soluzione che offre il Signore Gesù, quanto quello che mettono in atto i discepoli. La loro richiesta nasce come un grido:  «Maestro, non t’importa che moriamo?». Nella bibbia troviamo di frequente come un grido che il popolo lancia a Dio come per svegliarlo dal sonno in cui in apparenza è caduto. Ritengo fondamentale questo tipo di approccio alla paura della vita, alla tempesta della vita. Finché siamo capaci di gridare a Dio, quasi di lamentarci con lui, allora possiamo dire che siamo ancora nella fede. È la fine di ogni grido verso Dio che segna la fine della fede stessa. Finché gridiamo perché la vita ci sembra una mancata realizzazione di tante promesse, allora forse possiamo dire che siamo ancora nella fede, quando viene a mancare il grido allora tutto è silenzio senza più speranza.

Preghiamo

Preghiamo per chi è ammalato

2 pensieri su “martedì 7 maggio

  1. sr Alida

    Verso sera, il compiersi di una giornata sembra tranquillo, passiamo all’altra, non sappiamo perché Gesù abbia detto così, ma a me attira quel PRENDERE Gesù sulla barca COSÌ COME ERA… forse stanco perché se poi dorme.. Mi ritrovo nel grido dei discepoli, per me è per altre persone, ma anche per me penso dopo un po’ di anni, con Lui… Questa poca fede, mi fa porre la domanda : se sono stata veramente con Lui, per prenderlo così come è durante le nostre giornate? Eppure se osservo lo scorrere del tempo anche nell’previsto li mi parla, mi dà opportunità di bene. L’ultima parte del commento don Sandro mi consola, se anche pure poca fede ma c’è ancora, grazie. Per chi è e ammalato preghiamo, in particolare chi è più grave ricordo qualche consorella.

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  2. Elena

    Un grido di paura è quello che rivolgiamo al Signore, che pure è con noi. Ma è assopito. Un grido di disperazione durante una tempesta. Poca fede? Forse solo un’umanità che resta fragile sempre, soprattutto durante la tempesta che la vita abbatte sulle nostre teste! Ma Lui c’è, è con noi e ci permette di vederlo e di sentirlo anche attraverso il buio, gli scrosci d’acqua e di vento che sono agitati dalla tempesta . Lui c’è… E riporta calma nel nostro cuore, anche se con i Suoi tempi e le Sue modalità che a volte a noi fanno un po’ paura e ci fanno arrabbiare!
    Accompagno con la preghiera le situazioni affidate al Padre.

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