sabato 12 febbraio

di | 11 Febbraio 2022

Gen 21,22-34

In quel tempo Abimèlech con Picol, capo del suo esercito, disse ad Abramo: «Dio è con te in quanto fai. 23 Ebbene, giurami qui per Dio che tu non ingannerai né me né i miei figli né i miei discendenti: come io ho agito amichevolmente con te, così tu agirai con me e con il paese nel quale sei forestiero». 24 Rispose Abramo: «Io lo giuro». 25 Ma Abramo rimproverò Abimèlech a causa di un pozzo d’acqua, che i servi di Abimèlech avevano usurpato. 26 Abimèlech disse: «Io non so chi abbia fatto questa cosa: né tu me ne hai informato, né io ne ho sentito parlare se non oggi». 27 Allora Abramo prese alcuni capi del gregge e dell’armento, li diede ad Abimèlech: tra loro due conclusero un’alleanza. 28 Poi Abramo mise in disparte sette agnelle del gregge. 29 Abimèlech disse ad Abramo: «Che significano quelle sette agnelle che hai messe in disparte?». 30 Rispose: «Tu accetterai queste sette agnelle dalla mia mano, perché ciò mi valga di testimonianza che io ho scavato questo pozzo». 31 Per questo quel luogo si chiamò Bersabea, perché là fecero giuramento tutti e due. 32 E dopo che ebbero concluso l’alleanza a Bersabea, Abimèlech si alzò con Picol, capo del suo esercito, e ritornarono nel paese dei Filistei. 33 Abramo piantò un tamerice in Bersabea, e lì invocò il nome del Signore, Dio dell’eternità. 34 E fu forestiero nel paese dei Filistei per molto tempo.

Commento

Abramo aveva risolto positivamente i diverbi con Abimelec, ora fra i due vi era un accordo di pace, il pozzo che Abramo aveva scavato e che era divenuto oggetto di contesa, ora era riconosciuto come proprietà di Abramo, insomma tutto andava per il meglio e quindi Abramo decide di piantare a Bersabea un albero, un tamarindo e dice la scrittura che li invocò il nome del Signore. Questa pianta è molto imponente e quindi si presta come luogo di culto. Sembra un tempio all’aperto, un luogo appartato dove pregare Dio. Quando nella vita, dopo tante battaglie, si trova la pace è bello sapere che si può stare all’ombra di un luogo che diventa luogo di pace e di preghiera. Il tema che rimane comunque sempre sospeso nella vita di Abramo è che anche in questo luogo di pace, anche in tempo di pace, in un luogo dedito alla preghiera Abramo rimane straniero, non ha una terra di appartenenza. Rimane ospite. Lui che cerca terra, rimane straniero, lui che cerca una proprietà non trova altro che in terra straniera un luogo di pace e di preghiera. Certo in terra straniera.

Preghiamo

Preghiamo per Emauele

2 pensieri su “sabato 12 febbraio

  1. Elena

    Da stranieri, sembra che nulla ci appartenga, occorre prudenza nelle parole, nei gesti, nell’espressione di ciò che siamo. Ma imparare a conoscersi, allunga ponti anche in terra straniera. Occorre rispetto reciproco e ogni cosa va condivisa con l’approvazione del padrone di casa. Occorrono prudenza e delicatezza, capacità di ascolto e sensibilità in ogni convivenza. Solo così si potrà stare bene, si potranno piantare alberi presso i quali ricordare, riposare e perché no, anche pregare insieme…

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  2. sr Alida

    Anche in luogo straniero si può trovare pace… Ciò che importa sono i gesti della carità certo Abramo deve accogliere la sua situazione di pellegrino.. Mentre mi unisco alla preghiera per Emanuele, una preghiera per mia zia Teresa che il Signore ha chiamato a Sé dopo vicende sofferte e liete dei suoi 92 anni.

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