impegni

di | 9 Marzo 2022

Sto entrando lentamente nella quaresima. Come sempre mi accorgo che sto prendendo un sacco di cose da fare. È come avere un calendario ormai ingolfato. Di qui a Pasqua poco spazio per altro che non siano questi impegni. So che mi piace, soprattutto quando c’è di mezzo la parola sacra, ma non posso ingolfarmi di cose. Bisogna imparare a dire di no e io non ci riesco. Preparando alcuni di questi incontri mi capita tra le mani il capitolo di un libro dove c’è scritto: “le guerre condotte in nome dell’umanità conducono necessariamente a rifiutare al  nemico  la qualifica di essere umano.”  Il nemico Putin non è un essere umano, ma per il russo il nemico ucraino non è umano. L’altro che mi è nemico è un po’ meno essere umano di me. Io sono anche solo un po’ meglio di lui. È interessante questa visione, dove uno è sempre vittima e l’altro è sempre carnefice a secondo di dove mi posizione nella mia visione della cose e della vita.  e poi c’è sempre di mezzo quello che noi chiamiamo vittima. Dove la vittima se non è riconosciuta, se non ha diritto di parola o viene relegata ad una solitudine inascoltata, oppure diventa minaccia che prova  a risollevare il capo e a cercare giustizia e soddisfazione per il male subito. Che poi questa giustizia e soddisfazione non bastano mai. Se le vittime di questi giorni violenti non troveranno spazi di riconoscimento e di ascolto vivranno nella solitudine e nella ricerca di una rivalsa contro chi ha fatto del male. In una catena infinita di male verso l’altro. Ora capisco cosa vuol dire nella parola sacra quel male che passa di generazione in generazione. Se la vittima non ha un suo spazio di riconoscimento il male di oggi si prolunga nelle giovani generazioni. Insomma un identità, una vita negata, distrutta dalla violenza della guerra richiede di essere riconosciute. Non c’è solo un atto di condanna per il male e verso chi fa il male. Non c’è solo un atto di soccorso e di accoglienza verso l’altro che fugge, ci vuole anche un impegno che favorisca l’emergere della vittima e del suo riconoscimento. Forse solo così si può pensare ad una ricostruzione delle relazioni umane, nel dare voce alla vittima e non nell’emarginarla nel ruolo di pura persona che ha subito e che, poverina, necessità di tanta pietà. La vittima non ha bisogno di pietà, ma di riconoscimento anche pubblico.

Un pensiero su “impegni

  1. Marinella

    Gesù ha detto ..se c.e qualcosa che non va con l.altro va da lui e riconciliati ….non se hai fatto tu qualcosa..ma anche se l.altro ti ha fatto qualcosa …….se non partiamo da lì la pace non ci sarà. Il riconoscimento non ci sarà

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