Sto entrando in uno strano girone, non infernale alla Dante, ma sicuramente un poco ansioso. Vigilo su tutto, vigilo se tutto, diremmo così, è a norma. Celebro messa e sono preoccupato non tanto della celebrazione, quanto di stare attento se faccio tutto nel modo giusto, secondo le norme. Guardo anche la gente e cerco di capire se fa tutto bene, non sono il tipo che richiama se le cose non sono perfette, ma rispetto al solito qualche attenzione in più cerco di averla. Sul lavoro alla cooperativa mi guardo in giro e mi viene subito l’ansia perché capisco che facciamo una fatica immane a gestire le varie normative. Poi mi guardo in giro per le strade e come un vigilantes vedo i comportamenti delle persone e un po’ ne se contento con quelli che fanno le cose bene, ma mi arrabbio anche quando vedo che tanti non hanno la mascherina, non tengono le distanze e via dicendo. ieri mentre salivo a Selino per la messa ho visto passare esercito e polizia con le scritte suoi camion “operazione strade sicure” e ieri sera le ho ritrovate al piazzale della malpensata. Un esercito che vigila sulle strade sicure. Questo è un modo di vigilare. Un controllo che fa venire l’ansia. Se faccio così quando forse partiranno i cre (ho scritto forse, perché sono proprio tutti da inventare) non solo mi viene l’ansia, ma mi devono ricoverare. Forse dovremmo recuperare un significato più umano e più vero della parola vigilare. Vigilare è un’azione che si fa di notte. Si vigila un malato (noi siamo più abituati a dire vegliare), vigila una sentinella di guardia in attesa dell’alba. Vigila un panettiere la notte il suo pane che lievita e che deve poi cuocere nel forno. Vigilano i genitori la notte il ritorno del figlio. Forse vigila anche il prete sulla sua comunità. Ci sono due elementi che insegnano cosa è la vigilanza. Il primo è la notte. Cioè quel mondo che sta in attesa dell’alba, che mette paura per l’oscurità, per l’imprevedibilità. Nella notte tutto diventa ombra. E allora la cosa mette paura. La vigilanza non si mette in atto quando la famiglia è tutta in casa, ma quando qualcuno è fuori casa. La più bella espressione di questa vigilanza nella notte è scritta nel libro del profeta Isaia: Mi gridano da Seir: “Sentinella, quanto resta della notte? Sentinella, quanto resta della notte?”. La sentinella risponde: “Viene il mattino, poi anche la notte; se volete domandare, domandate, convertitevi, venite!”» . la sentinella è consapevole del tempo notturno, del pericolo che nasce dalla notte, ma il suo sguardo è già verso il nuovo giorno, verso l’alba. Ma il testo biblico dice ance un’altra verità circa questa notte: Il testo biblico, come tutte le grandi narrazioni dell’umanità, non dà risposte consolatorie, ma convoca l’uomo ad una responsabilità attiva: “Viene il mattino – risponde la sentinella -, poi anche la notte; se volete domandare, domandate, convertitevi, venite”. Non si dice quando la notte avrà fine, ma si riattiva la possibilità dell’uomo di riempire quel tempo d’attesa, di non essere inerte, di prendersi cura di quella notte. Forse è proprio così che dobbiamo stare in questa notte, provando a colmarla con un esercizio vigile del pensiero e dell’immaginazione, perché è chiaro ormai a tutti che il mondo di ieri non tornerà. E qui ecco il secondo elemento del vigilare: si vigila per non lasciare cadere nel vuoto l’uomo, si vigila per vederlo tornare sano e salvo, si vigila sul mondo per possa tornare bello. Il vigilare è il prendersi cura del mondo nel tempo della notte. Prendersi cura di chi di questi tempi notturni farà più fatica a stare in piedi, di chi non riuscirà ad arrivare al nuovo giorno perché sfiancato dalla povertà, di chi è troppo sfiduciato per andare avanti, di chi è in conflitto con gli altri. Nella notte mi prendo cura di te.
Preferisco il vegliare a vigilare anche se sono sinonimi ,vegliare non è solo della notte ..Di giorno vuol dire guardare che ognuno che vive accanto posa stare bene …..vigilare sà più di controllo ,e può anche andare ma vegliare è più bello .