piazza

di | 8 Novembre 2020

Oggi parlo di piazza, domani riparlerò del silenzio. Siamo tornati a trovarci e a fare riunioni di nuovo sulle piazze virtuali, che sono i social. Meno male che esistono, al di là di tutta la possibile fatica di saperli usare in modo corretto ci stanno aiutando un sacco. Mi sembra che rispetto alla prima chiusura siamo diventati più esperti. Certo i nostri ragazzi dovranno ancora una volta vivere la fatica di una scuola a distanza. Non voglio però trattare di questo argomento. Mi pare che il silenzio è come caduto sulle nostre piazze. Quelle delle città, quelle dei paesi. È una cosa giusta visto il tempo che stiamo vivendo. Ma una piazza vuota e silenziosa non è più una piazza. Essa infatti è nata per essere abitata. Anche qui non voglio entrare nel merito di come si vivono le nostre piazze. Non voglio cadere in un discorso morale o moralistico. E allora di che cosa parliamo? l’accenno o il pensiero nasce dopo aver guardato così per curiosità una serie di piazza nell’arte. Non ho voluto e potuto andare nelle piazze della città di Bergamo. ma mi sono guardato due opere di due artisti completamente diversi. De Chirico e le sue piazze perfette fatte di geometrie razionali e le sue muse inquietanti. Dall’altro il suo opposto, Bosch;  colui che dipingeva scenari che sembravano visioni, che non avevano niente di razionale, ma tutto di visionario, simbolico. Devo essere sincero preferisco il visionario Bosch. In De Chirico vedo il tentativo della perfezione della razionalità. Ma la piazza troppo perfetta non è più piazza abitata, non è più piazza animata. È piazza in un certo senso vuota. Nell’ironia di Bosch e in tutte le sue visionarie immagini, vedo non il caos che troppe volte regna nelle nostre piazze, ma il sogno, la visione, la tragedia dei simboli. E forse sono proprio così le nostre piazze. Animate di visioni, di tragedie, di sogni che nascono dagli incontri. Ma c’è un’ultima piazza nell’arte che amo più di tutte ed è quella di Giotto. Nella basilica di San Francesco, Giotto narra la vita di San Francesco. Sono affreschi unici, meravigliosi. Qui forse Giotto raggiunge una delle vette più alte dell’arte di tutti i itempi. Ne ho scelta una di queste opere: la piazza del duomo di Assisi e la scena dove Francesco di fronte allo stupore del vescovo, del padre e della gente, lascia tutti i suoi averi e il suo vestito e decide di seguire Gesù povero e crocefisso. Perché mi piace questa piazza? Perché è una piazza che dà vita ad un sogno: quello della fraternità, quello del tutti fratelli. Chissà che un giorno le nostre piazze possano diventare solo luogo di fraternità.

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