Gb. 10,1-15
[1]Stanco io sono della mia vita!
Darò libero sfogo al mio lamento,
parlerò nell’amarezza del mio cuore.
[2]Dirò a Dio: Non condannarmi!
Fammi sapere perché mi sei avversario.
[3]E’ forse bene per te opprimermi,
disprezzare l’opera delle tue mani
e favorire i progetti dei malvagi?
[4]Hai tu forse occhi di carne
o anche tu vedi come l’uomo?
[5]Sono forse i tuoi giorni come i giorni di un uomo,
i tuoi anni come i giorni di un mortale,
[6]perché tu debba scrutare la mia colpa
e frugare il mio peccato,
[7]pur sapendo ch’io non sono colpevole
e che nessuno mi può liberare dalla tua mano?
[8]Le tue mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto
integro in ogni parte; vorresti ora distruggermi?
[9]Ricordati che come argilla mi hai plasmato
e in polvere mi farai tornare.
[10]Non m’hai colato forse come latte
e fatto accagliare come cacio?
[11]Di pelle e di carne mi hai rivestito,
d’ossa e di nervi mi hai intessuto.
[12]Vita e benevolenza tu mi hai concesso
e la tua premura ha custodito il mio spirito.
[13]Eppure, questo nascondevi nel cuore,
so che questo avevi nel pensiero!
[14]Tu mi sorvegli, se pecco,
e non mi lasci impunito per la mia colpa.
Commento
È difficile seguire la logica di Giobbe. Ma sappiamo bene come è difficile seguire la logica di ogni umano sfogo. Egli passa da un argomento all’altro. Non segue un riflessione ordinata. E alla fine dobbiamo dichiarare che non riusciamo a tenere tra le mani le sue parole, ci sfuggono via. E il capitolo 10 ci sfugge proprio di mano. Era partito bene Giobbe con quelle parole: sono stanco della mia vita, ma poi il ragionamento non segue più quell’inizio. Dio qui è sentito come un avversario: perché ti accanisci su di me, ma poi il ragionamento ritorna sulla propria vita. E poi ancora contro Dio: perché ti accanisci contro di me, ben sapendo che sono fragile. Insomma è un continuo agitarsi di Giobbe, un muoversi tra i suoi sentimenti e uno sguardo puntato su Dio. e poi la stoccata finale: se tu Dio mi hai fatto a tua immagine perché ora mi rovini la vita cercando un modo per farmi sentire in colpa per una cosa che non ho fatto. Mi sembra che Giobbe parli di più con il cuore che con attraverso un ragionamento. Anche qui: noi sappiamo bene come il cuore è il luogo dei sentimenti e questi parlano e narrano della vita di ciascuno.
Preghiamo
Preghiamo per Silvia perché possa tornare a casa presto
Lo sfogo di Giobbe è molto simile ai nostri. Non si distingue più chi è il soggetto e chi l’oggetto del dolore, della colpa….Si cerca il colpevole, anche in Dio, ma poi torna sempre il dubbio si di noi. Il problema di Giobbe non è la sua colpa, né Dio. Mi pare sia il problema del dolore in se stesso. L’uomo fatto per la felicità, si scontra con il dolore e non capisce più nulla.
Questa mattina prima di andare all’incontro della CRB sono stata a un velorio. Un uomo di 62 anni, molto religioso che ha lavorato per molto tempo assieme alle nostre suore, in seguito a una appendicite ha avuto una infezione generalizzata, è stato un mese in coma ed è morto. Il Diacono che ha fatto le esequie nella camera ardente ha invitato i parenti a vivere questo momento come una chiamata alla comunione, al perdono, alla vicinanza, alle relazioni familiari buone. Rut, sorella del defunto, ha cresciuto una nipote da quando, ancora giovanissima, è rimasta incinta. La mamma di questa “ragazza madre” era vicino alla cassa del morto piangendo disperata. Ha seguito lo zio in ospedale per tutto il tempo con molta dedizione. Ma a suo tempo ed anche in seguito non ha più voluto accogliere in casa sua figlia e la nipotina. Sentendo le parole del diacono …Rut è andata a prendere per mano la nipote e l’ha portata vicino alla mamma, gliel’ha messa in braccio. Le due si sono abbracciate piangendo davvero disperatamente….Non so cosa abbia pensato Dio davanti a questo dolore! Io credo che abbia risposto dando un po’ di pace a madre e figlia ed anche alla nonna Rut.
Davvero si fa fatica a leggere e cercare si capire ogni dolore, ogni disperazione. Non riusviamo sul nostro, non riusciamo su quello altrui. La nostra fragilità ed impotenza sono grandi. Ma questo sguardo continuo verso Dio ( ritenuto o meno colpevole) è uno sguardo di figlio. Come nel caso di Rut e della sua famiglia, non possiamo comprendere quanto il disegno di Dio si renda visibile nelle nostre esistenze controverse, complesse. Però lasciamo che trapeli, che si sviluppi, che lasci traccia… Preghiamo perché Silvia possa tornare presto.
Ricordati che come argilla mi hai plasmato ……Vita e benevolenza mi hai concesso …In questi pensieri opposti di Giobbe ,mi sembra di cogliere come al di là del dolore che lo fa lamentare mantiene il ricordo e l’esperienza dei benefici di Dio riconoscendosi argilla ,fragile …..ancora disponibile a vivere con il Suo Dio ….Nel mistero di dolore e rinascita mi unisco alla preghiera per Rut e famiglia e perchè Silvia torni presto a casa …per l’umanità sofferente che è sempre tanta .