martedì 25 agosto

di | 24 Agosto 2015

home2Dal libro del Deuteronomio

1 Poi Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima del Pisga, che è di fronte a Gerico. Il Signore gli mostrò tutta la terra: Gàlaad fino a Dan, 2tutto Nèftali, la terra di Èfraim e di Manasse, tutta la terra di Giuda fino al mare occidentale 3e il Negheb, il distretto della valle di Gerico, città delle palme, fino a Soar. 4Il Signore gli disse: «Questa è la terra per la quale io ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe: «Io la darò alla tua discendenza». Te l’ho fatta vedere con i tuoi occhi, ma tu non vi entrerai!». 5Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nella terra di Moab, secondo l’ordine del Signore. 6Fu sepolto nella valle, nella terra di Moab, di fronte a Bet-Peor. Nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba. 7Mosè aveva centoventi anni quando morì. Gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno. 8Gli Israeliti lo piansero nelle steppe di Moab per trenta giorni, finché furono compiuti i giorni di pianto per il lutto di Mosè. 9Giosuè, figlio di Nun, era pieno dello spirito di saggezza, perché Mosè aveva imposto le mani su di lui. Gli Israeliti gli obbedirono e fecero quello che il Signore aveva comandato a Mosè. 10Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè, che il Signore conosceva faccia a faccia, 11per tutti i segni e prodigi che il Signore lo aveva mandato a compiere nella terra d’Egitto, contro il faraone, contro i suoi ministri e contro tutta la sua terra, 12e per la mano potente e il terrore grande con cui Mosè aveva operato davanti agli occhi di tutto Israele.

Commento

Ho voluto inserire questo testo del libro del deuteronomio perché mi offre la possibilità di fare due riflessioni brevi circa la conclusione della vita di Mosè. la prima riguarda il fatto che Mosè vede la terra promessa, ma non entra in quella terra. Tradizionalmente si dice che Mosè non entra in quella terra che tanto ha sognato, perché alle acque di Meriba non si è fidato immediatamente del Signore che gli chiedeva di battere con il bastone la roccia. Ha dubitato per una attimo e ha pagato con l’impossibilità di entrare nella terra promessa. La cosa non mi ha mai convinto, anche se la mia buona catechista di quando ero ragazzo ha tentato in tutti i modi di convincere noi ragazzi del peccato commesso da Mosè. Per un uomo che ha conosciuto il Dio lento all’ira e grande nell’amore, questo piccolo dubbio di fronte alla grandiosità del cammino dell’esodo mi sembrava cosa troppo banale per un castigo così grande. Ho trovato una spiegazione più convincente in un racconto rabbino che dice che Mosè, portando il popolo fino all’ingresso della terra promessa, aveva portato a compimento la sua missione, la sua vocazione. Per questa cosa era stato chiamato da Dio e questo Mosè ha fatto. Andare oltre, cercare di entrare nella terra promessa, era travalicare il limite della sua vocazione. Ecco perché Mosè, da uomo obbediente al Signore qui si ferma. E si ferma contento, senza nessuna nostalgia, senza nessun rimpianto. Ecco la seconda riflessione. Contento, accontentandosi di fare quello che il Signore lo ha chiamato a fare. E per questo motivo tutti piangono e fanno lutto per Mosè, ricordandolo fino ai nostri giorni come il più grande dei profeti. Fare quello che il Signore ci chiede senza andare oltre, questa è la vera obbedienza.

Preghiamo

Io continuo a pregare per i profughi. 

Dal Vangelo Matteo

In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».

2 pensieri su “martedì 25 agosto

  1. sr Rita

    Mi piace la spiegazione circa l’obbedienza di Mosè, quindi paradigma alla nostra obbedienza. Credo proprio che fare quello per cui siamo stati chiamati è il compimento della nostra missione, è ricompensa a se stessa . Mosè non entra nella terra promessa perché ha realizzato la promessa e già vi abita. Fermarsi, contemplare il cammino fatto, riconoscere come Dio ci ha condotti fino lì…sapere che ormai tutto è compiuto, si è arrivati alla pienezza: questa è la morte bella che tutti possiamo desiderare.
    Preghiamo per chi cammina, fatica e non conosce una “promessa” da realizzare.

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  2. Elena

    Anche a me piace leggere l’obbedienza umile di un Mosè, di un grande, che sa fermarsi esaurito il suo compito. Lascia il posto ad altri che continueranno il lavoro che spetta loro. Sento una grande dolcezza nell’umiltà di Mosè, ed un grande, felice abbandono nel Signore.
    E anche io continuo a pregare con voi per tutti i migranti in cerca di una terra che, anche se non promessa, permetta loro di vivere con dignità ed una ritrovata umanità. Prego anche per le persone che ogni giorno spendono tempo ed immani energie, nel portare un poco di umanità a questi viaggiatori disperati ed estenuati…
    Elena

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