L come lavoro

di | 10 Aprile 2022

C’era stato un periodo della mia vita in cui mi ero interessato dei preti operai. Mi affascinava l’idea di mettere insieme vocazione sacerdotale, lavoro e spiritualità. A quei tempi mi ero solo interessato e basta. Non se ne è fatto niente, se non qualche incontro di chiarimento e di conoscenza. Tutto si era concluso lì. Ritengo di essere uno che non perde tempo e così ad un certo punto sono riuscito a coniugare lavoro mentale e lavoro manuale. Oggi vanno di pari passo. E la vita sacerdotale? La esprimo attraverso le mie diverse attività sia in parrocchia, di incontri, di lavoro alla cooperativa. Metto al centro la messa quotidiana e la parola sacra e su questo costruisco la mia giornata di lavoro. Dedico tempo alla lettura, allo studio, all’approfondimento e dedico tempo al lavoro manuale con l’orto, le api e altre cose di questo tipo. Mi sembra che questo modo di procedere,  anche senza essere prete operaio, mi permette di vivere una dimensione del lavoro che non è solo il fare, ma anche il capire. È chiaro che anche io vengo da una famiglia bergamasca dove il lavoro stava al centro della vita famigliare. Devo dire che mio padre aveva interessi oltre il lavoro e questo mi ha aiutato a pensare che non esiste solo il puro lavoro, ma esiste anche un lavoro che è interesse, servizio, volontariato. Chi ha saputo tenere insieme in maniera equilibrata il tutto è stato per me don Roberto. Lui rifiutava le etichette, soprattutto  quelle da mettere addosso a lui. Eppure lui ha lavorato e ha insegnato a lavorare. Qui bisogna capirsi bene sul concetto di lavoro. Non stiamo parlando di lavoro come puro profitto. Penso che una prima cosa interessante è uscire dall’idea che esistono certi lavori per manovali e altri per intellettuali. Dobbiamo presto dar vita a una nuova etica del lavoro dove le mani e il pensiero diventino alleati. Giardinieri con dottorato in filosofia, educatore che sa fare un orto,  infermieri che conoscono la letteratura e intellettuali  capaci di prendersi cura di anziani e bambini. Quasi un continuo rimescolamento delle carte , un continuo riconoscere che l’umano si fonda su rendere umano il lavoro, e, insieme, fare in modo che l’intelletto possa essere al servizio dell’umano. Quello che sto facendo in questi anni, mi sta dimostrando che l’uomo è ben più grande e bene più complesso del lavoro che fa. Anche perché le dimensioni della nostra vita sono molte e tutte vanno valorizzate. Ciascuna delle persone che incontro esercitano un lavoro, ma sono anche molte altre cose. E per finire sogno un lavoro non finalizzato al profitto per il profitto, ma al profitto per il bene comune, per la giustizia sociale.

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