Finalmente l’acqua è arrivata. Ci sono voluti due mesi, ma è arrivata. Accompagnata da qualche fiocco di neve. Ci voleva, era tutto secco. Ma l’acqua mi può aiutare a parlare delle fiducia. Vi è una siccità che non è soltanto della terra, tra l’altro causata anche dall’uomo, ma vi è come un’aridità dello spirito, dell’anima, del cuore. l’acqua è la protagonista delle vicende della storia e della parola sacra. Tutto è circondato dall’ acqua e tutto ci dice che l’uomo è un assetato di acqua che arriva al cuore dell’esistenza. Per l’uomo antico l’acqua è antica e preesistente come Dio stesso, che per creare tutto il resto non può fare a meno dell’acqua. L’acqua è l’elemento base della vita, è il primo mattone della catena dei viventi, è l’ambiente dove si svolge la creazione – oggi sappiamo che è probabile che fu nelle acque dei mari dove si formarono le prime forme di vita. Ma se questa è l’acqua che abitualmente vediamo e cerchiamo per vivere, esiste poi l’acqua che dona la vita e della quale dobbiamo imparare a fidarci. Non è semplice utilizzare l’immagine della sete per dire il rapporto con Dio. Una certa religiosità scioglie la metafora equiparando la fede all’acqua che estingue la sete. Da questa prospettiva, non ci sarebbe nulla di religioso nell’esperienza della sete, che sarebbe soltanto la premessa della fede, l’anticamera della vita religiosa che inizierebbe quando raggiunta la sorgente finalmente si beve – la sete termina nell’incontro con l’acqua. Ma questo non è fede, è invece già compimento. La fede non è mai compimento, ma è stare sulla soglia. La fede non è mai trovare il pozzo, ma cercare il pozzo. In realtà la sete di Dio è già la presenza di Dio, infatti nel momento in cui dichiaro di avere sete di Dio, sto già in qualche modo dichiarando la mia fede. Il tempo della sete è il tempo della fede. Possiamo dire così: la sete e non la sazietà è la condizione ideale per comprendere la fede. La sete come anelito, come desiderio, ben sapendo che in questa sete e desiderio c’è già la presenza del divino. E’ la sete la condizione originaria della vita spirituale adulta, perché anche se troviamo qualche sorgente lungo il cammino occorre subito levare la tenda, riprendere senza indugio la via, e rifare presto la stessa esperienza della sete-fede. La crisi della fede non è l’aridità ma l’estinzione della sete. Finché custodiamo la sete di Dio e di vita stiamo camminando nell’unica strada buona, meglio ancora se in compagnia dei poveri e degli assetati e affamati.
Come andare in montagna, bevi alle fontanelle, bevi ai rigagnoli ma il tuo obiettivo è la cima. E quando sarai in cima la tua ricerca non si placa ma cercherai una vetta più alta da raggiungere