dolore

di | 19 Febbraio 2022

Il dolore è di tutti, appartiene a tutti. Anche a un giovane, ad un adolescente. Il dolore non vai a cercarlo, arriva da solo e quando vai a cercarlo è perché nel cuore si inceppato qualcosa. Il dolore arriva e ti può schiacciare o ti può salvare. Succede così per un gruppo di ragazzi che incontro. Emerge il dolore delle loro storie, il dolore che sta nelle loro storie. Emerge e non sai che cosa dire e che cosa fare. Ascolti soltanto. E sono bravi loro i ragazzi a trovare strade per assorbire il colpo del dolore. Sono proprio bravi. Non mi serve un ora di catechismo per spiegare il dolore, non mi serve nemmeno un testo sul dolore, mi basta la loro vita, le loro lacrime. Mi basta il loro volto coperto da una mascherina, ma che dagli occhi lascia trasparire il dolore e la fatica del racconto. Non mi servono momenti di spiegazione, di consolazione e nemmeno di giustificazione; tutte armi che noi usiamo quando c’è di mezzo il dolore, ma che alla fine si rivelano armi spuntate, che non incidono, che non guariscono, che non leniscono. Di fronte al dolore di un adolescente  mi serve un atto liberatorio, mi serve un grido, mi serve raccogliere la ferita, lasciandola nuda e cruda così come si presenta. Niente di più che un grido da raccogliere. Ascolto per 2 ore il dolore di ragazzi, mi carico sulle spalle tutto questo bagaglio pesante, ma che devo caricarmi addosso per condividerlo con loro, non li posso lasciare con il loro dolore. Me ne torno a casa e sento e vedo altro dolore. Ad un certo punto mi dico: ma fino a che punto posso sopportare il dolore? Mi dico che va portato e basta. Poi rimango solo, sulle spalle ho un bel peso di dolore, rimango in silenzio e lo porto nel mio cuore per non dimenticarlo, per meditarlo. E per finire arriva la notte e il dolore ascoltato in questa giornata lo ripongo nel cuore di Dio e così lo potremo portare insieme, io Dio e i ragazzi. Mi addormento sereno, valeva la pena di ascoltare il dolore di alcuni ragazzi. grazie ragazzi

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