custodia

di | 6 Giugno 2020

Concludo questa settimana di parole un po’ monacali con una parola che è come il riassunto di tutto quanto ho scritto in questi giorni. La parola è custodia. Non ho pensato direttamente alla custodia del creato, ma alla custodia della mia vita. Che cosa voglio dire?  La custodia di sé è il tentativo di mantenere la mia vita nel vero bene, nella vera giustizia, è cercare di non disperdere il mio cuore in mille cose inutili, o in mille cose che mi fanno arrabbiare. Custodire la mia vita è quel l’atto che mi permette di vivere in libertà e responsabilità la mia storia. Custodire non è un verbo che indica una cosa ferma, statica; custodire la vita chiede un profondo ed esigente lavoro su di sé, sempre, ogni giorno, con fermezza e volontà. Vuol dire che devo imparare ad ascoltarmi, a conoscermi per sapere come pensare, cosa dire e come agire. In questi giorni sento che in questa custodia di me stesso mi sono perso un poco. Niente di grave, ma sicuramente non ho messo il mio solito impegno. Ammiro alcuni amici e alcune figure di preti e laici che hanno conservato nel cuore la determinazione per custodire la propria vita in ogni momento. Don Roberto era uno di questi, aveva una capacità impressionante di custodire nel proprio cuore la sua vicenda, le vicende degli altri. Quella casa dell’agro ha custodito vite, storie, vita e dolore. E tutto questo con grande dignità. Custodire il mio cuore e la mia vita vuol dire anche che io imparo ad intuire il profondo del mio cuore, che non giudico me stesso, che non vado in confusione per ogni piccola difficoltà. Mi viene chiesto di essere una presenza positiva, mite, ma forte, che incoraggia e non invece che giudica. Quello che è custodito nel mio cuore è un dono prezioso che non posso buttare via, che devo amare e far crescere nella sua bellezza. È così per tutti. Tutti noi abbiamo ricevuto in dono qualcosa di grande che sta nel profondo del nostro cuore e che va custodito e portato a maturità. Io credo che Dio ci accompagna in questo compito di custodia del cuore e della vita. Così dice la regola di San Benedetto: “La presenza di Dio che ci guarda “in ogni luogo”  farà` sì che “in ogni momento” custodiamo la nostra vita, che spezziamo contro la roccia che è  Cristo i cattivi pensieri. In tal modo la vita del monaco acquista una serietà e una gravità per cui non solo si evitano “le parole cattive e scorrette”, ma si cerca di “non parlare molto”. la custodia del proprio cuore e della propria vita chiede raccoglimento interiore  e esteriore. Chiede cioè un profondo stare con se stessi anche quando siamo immersi in mille cose da fare. Custodire il proprio cuore e la propria vita è lavoro di una vita intera, con alti e bassi. ma se vogliamo questo è il senso della vita, almeno della mia. Vi è come un segreto che porta verso una vita in pienezza: imparare a pregare e nel silenzio conoscere la pace, lottare ogni giorno contro le nostre debolezze per ritrovare una stabilità interiore, sperimentare la purezza dell’amore che ci fa pregustare l’anticipo del Paradiso.

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