buono

di | 7 Giugno 2020

Due amici che sono venuti a trovarmi mi hanno suggerito la parola buono. Io ho immediatamente aggiunto buono e vero. Non mi piace questa parola. Mi fa ricordare di quando ero piccolo che mi dicevano che ero buono, in bergamasco era più o meno: u brao scet. Non mi piaceva passare per il buono di turno e allora incominciavo per ripicca a fare un gran casino, ne combinavo di tutti i colori. Memorabili sono gli scontri sul sagrato della chiesa del mio paese a calci e pugni, oppure fuori e dentro la scuola.  Finale di tutta la storia i castighi di mia madre e di mio padre. e quando i miei genitori mi dicevano di fare il bravo io rispondevo di dire agli altri di smetterla di considerami un buono. Forse il seminario in cui sono entrato a 14 anni mi ha un po’ preservato da altri pericoli legati al buonismo che non accettavo. E per questo lo ringrazio. Questa cosa del buono mi ha sempre tormentato la vita. Non voglio essere buono, inteso come sempliciotto, buonista, che si adatta a tutto, che è voluto bene non perché sono io, ma perché sono buono. Ci mancava anche la malattia dell’epilessia per complicare questo percorso di ribellione al buono. In quel caso non ero più buono, ma poverino. In bergamasco poerì. E del papa buono non riuscivo ad accettare questo detto: non era buono, ma grande. Insomma il buono mi ha tormentato e mi tormenta la vita. Anche oggi chi mi dice che sono buono mi fa sobbalzare e mi viene subito la tentazione di combinare un guaio per dimostrare che non sono buono. Insomma il buono è difficile da inquadrare nel mio percorso. Quello che sto per scrivere adesso non è la soluzione. Sono arrivato alla conclusione che sono buono. Ma non nel senso del bravo ragazzo. In un altro senso. Pensate che la parola buono ha la stessa radice della parola splendente e lo splendente aveva a che fare con la luce del divino. Il buono non è il buonista, il bonaccione, il bravo ragazzo che non combina mai guai, ma colui che fa risplendere la propria vita nella sua verità, che non si nasconde, che è luminoso nel suo mostrarsi nella verità di sé. Il buono è legato al vero. Alla verità. Chi è buono è mite perché si mostra non nella sua forza, ma nella sua verità. Ecco io non sono un forte, ma cerco di mostrarmi nella verità della mia vita. Non nella perfetta coerenza, ma nella verità e la verità a volte è bella altre volte meno bella. La stessa questione del papa buono, il papa Giovanni 23°, è legata non alla bontà intesa come uomo semplice, ma come uomo vero, come uomo mite, cioè non violento, così mi piace il buono. È incredibile quando mi accorgo che è più impegnativo essere  mite, che essere forte. Ci vuole un coraggio grande, ci vuole una fortezza d’animo per essere buono, cioè mite. Pensate che il mite nell’antichità era detto anche del frutto maturo. Il mite è maturo è frutto maturo. Così mi piace essere buono. Non ho detto che sono buono e mite nel senso di non violento, quanta strada devo fare ancora per questo; Sto dicendo che questa è la vera strada da seguire. Il resto del buono non mi interessa. Il mite è colui che è fedele al proprio impegno, è fedele all’altro ed è fedele con bontà, senza violenza, senza essere eroe. Ma è determinato nella ricerca di un senso, di uno scopo. Il violento sogna grandi ideali, ma non raggiunge nessuno scopo perché è contro qualcuno. Come vorrei vivere questa beatitudine della mitezza. Il vangelo dice beati i miti perché erediteranno la terra.

2 pensieri su “buono

  1. Giuliana

    Non pensavo fosse questa la riflessione che mi ha sorpreso ma che condivido e ringrazio. Giuliana.

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  2. sr Alida

    Non avrei mai pensato la tua reazione al buono di quando eri ragazzo ,ma condivido il buono che hai descritto dopo e la mitezza quanto vorrei riuscire a viverla solo un pochino anch’io ,grazie !

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