Questo versetto del vangelo di Marco mi ha preso profondamente:eccolo il versetto: Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo! Fa parte del racconto della trasfigurazione di Gesù. Mi gira per la testa da giorni come un mantra e ci ritorno sopra in continuazione e alla fine mi si è come fissato nel cuore. Siamo sulla via che porta a Gerusalemme. Gesù in quell’avvenimento della trasfigurazione e nei testi che precedono e accompagnano proprio questo racconto comprende qualcosa di più della sua vita e della sua missione. Comprende che all’orizzonte si staglia la croce. Lo ragionata così: ma è per merito o per dono che si è figli amati? E poi ancora chi può amare e essere amato nella misura raccontata da tale brano, dove addirittura questo figlio amato diventa splendido grazie alla luce di un amore ricevuto e donato? E per finire che cosa vuol dire che un amore donato e ricevuto ha come orizzonte finale la croce? Domande che non eludono il problema dell’amore, ma che lo mettono a nudo nella sua bellezza e fragilità. Scrive il cantico dei cantici: forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione. Susanna Tamaro in un suo libro di cui non ricordo il titolo, aggiunge due semplici righe e in quell’aggiunta ne esce la forza e l’essenza e la fragilità dell’amore; così scrive Susanna Tamaro parafrasando il cantico: forte come la morte è l’amore, fragile come una rosa è l’amore. Oggi io nel mio cuore vedo i grandi contorni della fragilità dell’amore. Chi mi ha detto qualche volta: questi è il figlio mio l’amato? Forse mia madre, mio padre, forse l’amico o l’amica? Forse io stesso nei confronti dell’altro? o forse non me ne sono mai accorto? ho come l’impressione che rimane come un discorso implicito: la mamma dice al figlio: non farmi dire sempre la stessa: sai che sei il mio figlio amato. Ed invece il figlio invoca questa parola la mattina e la sera come invoca l’aria e l’acqua. é talmente implicito che è così anche tra amanti: non chiedermi di ripetere sempre la stessa cosa: lo sai che sei l’amato del mio cuore. E l’altro/a si aspetta invece tale parola la mattina e la sera come aria e acqua che respira. E così io, ci sono tempi in cui questa parola serve è necessaria. Ma l’orizzonte su cui si staglia tale parola è la croce e allora meglio non dire troppe volte questa parola, meglio lasciarla soffusa nel magazzino degli oggetti accatastati. E poi c’è la grandiosità e la luminosità dell’amore di Dio. Ma di questo avremo tempo per parlarne.
“Ma l’orizzonte su cui si staglia tale parola è la croce e allora meglio non dire troppe volte questa parola, meglio lasciarla soffusa nel magazzino degli oggetti accatastati” citi la Tamaro, ma se questa frase é tua direi che é arrivata l’ora di scrivere un altro libro.
Questa citazione é tagliente ma é anche l’essenza dell’amore totale che nasconde la paura di perdere sé stessi, del dolore che può conseguire nel donarsi all’altro, é davvero immensamente vera, e vale nelle relazioni terrene come in quella con Gesù.
Grazie. Se per tanti aspetti si può dire “non farmi ripetere sempre le stesse cose’ si può anche dire che l’amore si sottrae a questa indicazione? Ha bisogno di essere esplicitato.
L’amore dev’essere esplicitato con parole e fatti, le parole sono come venti non servono a niente se non sono supportate da fatti concreti. Penso che questo sia il grande insegnamento di Gesù.