Era un Venerdì Santo in una delle nostre chiese. La croce stava lì, in piedi, solenne davanti a tutti. Una croce semplice, non di quelle forse artisticamente di valore. Eppure, anche se questa croce era semplice era lì bella chiara. E poi mi domando se la croce del Signore era una croce dal valore artistico inestimabile. Non era forse un pezzo di legno raccolto da qualche parte, forse in una discarica, preparato da un carpentiere del posto e poi messo sulle spalle del Signore Gesù? Noi elogiamo le croci artisticamente perfette adatte al rito del venerdì Santo. Io faccio l’elogio non della croce perfetta, ma della croce semplice pezzo di legno. Dovremmo imparare a baciare le croci pezzo di legno raccolto nelle discariche umane, pezzi di croce e di barche di legno inaffidabili che affondano a 100 m dalla costa, o in mezzo al Mar Mediterraneo. Dovremmo imparare a baciare i pezzi di legno di croce che sono le case dei poveri, che sono le foreste bruciate, che sono i campi assetati. Dovremmo imparare ad abbracciare le croci degli ospedali, dei malati, dei bambini, dei nonni, delle mamme che entrano in questi ospedali in cerca di un po’ di speranza per i loro figli. Nella chiesa dove ho celebrato ho visto gente che nel silenzio, in un canto raccolto, è salita fino all’altare per onorare la croce, inginocchiarsi di fronte a questo pezzo di legno semplice. Ho sentito il bisogno di ringraziare questa processione silenziosa perché è stato come se questa gente in processione dentro la chiesa, avesse portato tutta la sofferenza umana a quella croce di Cristo. Tutti siamo stati portatori del dolore umano in questo Venerdì Santo. Tutti siamo stati mediatori del dolore umano, nel silenzio e nella meditazione. Tutti ci siamo caricati di questo dolore. Ce ne siamo tornati a casa in silenzio perché la croce richiede silenzio, come dice il Vangelo: anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, se ne tornavano percuotendosi il petto. La croce non è un rito, ma un qualcosa che ti cade addosso nella vita. La croce cade addosso, la croce del dolore cade addosso e non c’è bisogno di parole e di rumori, solo silenzio di ascolto. Ringrazio per aver celebrato così in maniera dolorosa, sentita e silenziosa e profonda il venerdì Santo. Lo ripeto, quando una croce mi cade addosso quando una madre mi porta il suo dolore, quando un figlio o un ragazzo mi racconta la sua vita, ho bisogno di un attimo di silenzio, non di organizzare subito un intervento educaitivo o di sostegno. Grazie per l’esempio che mi avete dato ieri sera. Abbiamo portato una croce nel silenzio, forse siamo entrati un pò di più nel mistero del dolore che non prevede risposte, che non prevede fatti ma solo silenzio. Dovremmo imparare a guardare il grido del dolore, il volto del dolore, in silenzio e rimanere in adorazione.