visitare gli infermi

di | 20 Febbraio 2021

Mi dicono che ci vuole tanta preparazione per visitare e stare con gli infermi, i malati. Io ci ho provato e non avevo preparazione alcuna, un po’ di buon senso e volontà. Ero parroco a San Gallo. Non conoscevo molto il mondo dei malati, ero impegnato in altri campi, giovani, famiglie, e altro ancora. pensavo di delegare la pastorale del malato a qualcuno in parrocchia, per valorizzare il carisma laicale (si dice così non è vero?).in realtà non era per valorizzare ma per delegare una cosa di cui non avevo gran voglia. Bisognerebbe aprire tutto un discorso su questa questione delle deleghe e dei carismi. È delega con controllo? È delega per incapacità? Oppure è delega per quanto non vogliamo fare noi? Ma torniamo al malato. Una mattina mi arriva in casa un anziano signore di San Gallo e mi dice più o meno così: lo sa che mia moglie è in ospedale . rispondo sì lo so. E lui: ma pensa di andare a trovarla? Magari un giro appena posso, ho tante cose da fare. E lui, lo sa che la cura dei malati è una cosa importante? E che un parroco deve mettere al primo posto i suoi malati? Mi ha inchiodato alla mia irresponsabilità, sono sceso in ospedale a San Giovanni e da quella volta non ho più pensato di delegare la visita ai malati ad altri. Ci sono andato sempre io. Con la scusa delle cose essenziali noi preti ci dimentichiamo delle persone… a volte. Comunque da quella volta ho cercato di assistere i malati. Mio papà, per quanto ci sono riuscito, mia mamma, il buon Michele e poi il buon don Roberto. Con lui ci ho abitato per 11 anni. Lui si è abituato alla mia presenza, io mi sono abituato alla sua e ho cercato di dare il meglio di me stesso. Stare con don Roberto non è mai stata una rinuncia ad altro. Non una rinuncia alla pastorale, non una rinuncia agli amici o ad altro ancora. è stata invece una presenza, un dono, una grazia che è diventata ogni giorno più grande e più bella. In quegli anni ho fatto e sono stato veramente un prete. Non è stato facile perché non ero un esperto e quindi sbagliavo 10 volte al giorno. Per fortuna lui, il don Roberto, alla fine mi guardava e ad ogni mio errore mi rimproverava e poi mi sorrideva. Alla fine io cercavo lui e lui cercava me. Io trovavo lui sempre alla sua scrivania, lui doveva immaginare dove ero finito e mi attendeva anche nei miei ritardi.  Vorrei scrivere pagine intere su quei giorni di vita comune. Non ho mai ben capito perché quello che ha fatto don Roberto in tutti quegli anni non può diventare modello di vita fraterna. Visto che noi preti ne parliamo tutti i giorni e sembra l’argomento alla moda: fratelli tutti. Ecco lui è stato fratello di tutti coloro che sono passati per quella casa. Mi hanno detto che un conto è la vita fraterna in parrocchia, un conto è quella che ho fatto io con don Roberto e che lui ha fatto con tutti i suoi amici. Può essere, ma intanto noi facciamo sempre la filosofia della vita fraterna e non la pratichiamo, don Roberto ha fatto la pratica della vita fraterna ed io con lui….. visitare i malati non è una teoria, ma uno stare con loro il più possibile nel tempo e nei modi. Nessuno mi toglierà dal cuore quegli anni di vita fraterna e di cura nella vicinanza.  

Un pensiero su “visitare gli infermi

  1. MARIKA

    Caro don, la cura del malato non è da tutti, ma si può imparare, come hai fatto tu, come fa tanta gente che dedica parte del suo tempo agli altri. È una forma altissima di carità cristiana, per me è la più bella, perché vuol dire farsi piccoli, umili e prossimi riconoscendo nel fratello che soffre nella carne nostro Signore Gesù sulla croce, che ha sacrificato se stesso per noi. Il malato è un dono prezioso e va trattato con estremo rispetto e cura. Buona giornata nel Signore.

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