venerdì 3 novembre

di | 2 Novembre 2017

lettera ai romani  Rm 1,26-32     

26Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti, le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. 27Similmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. 28E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne: 29sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, 30maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, 31insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. 32E, pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa

Commento

So che è molto difficile commentare questo testo. Lo faccio nel giusto rispetto delle storie di ciascuno. Partendo dal dato culturale che faceva dell’omosessualità, da una parte un’ esibizione e dall’altra un male, cerco di inserire il discorso di Paolo nel contesto di questo capitolo dove si parla dell’ira di Dio che incombe sull’uomo.  Non voglio quindi soffermarmi sulla questione morale, ma cercare di guardare il mondo di Roma come lo vedeva Paolo. Egli ne percepiva tutta la corruzione espressa in quell’elenco di vizi qui descritti. Ne percepiva tutta la differenza tra i poveri “larve umane” e i ricchi straviziati nei loro vizi. (non è forse questa la condanna morale? È il male che diventa idolatria, che diventa oppressione da condannare, non la condizione dell’uomo!)  la descrizione che Paolo fa del mondo che vede è una specie di litania del male che incombe e regna a Roma e nel mondo in generale. Dentro questa litania ecco cadere per ben tre volte come una mannaia una frase che è il cuore del testo: per questo Dio li ha abbandonati. L’ira di Dio per Paolo non si esprime come un giudizio finale di Dio sul mondo, ma come un lasciare l’uomo a se stesso, al suo male, quasi che Dio non voglia  o non possa intervenire a causa della libera scelta dell’uomo. L’uomo abbandonato a se stesso continua a precipitare come in buco nero senza fine. Tutto finisce qui? Paolo a questa condizione umana contrapporrà la grazia divina, da questo buco nero non si esce da soli, ma con la grazia di Dio.

Preghiamo

Preghiamo per Anna

3 pensieri su “venerdì 3 novembre

  1. sr Alida

    Quanto ci lascia liberi il Signore Dio ,quanto usiamo male questa libertà …..Egli che fa piovere sui giusti sugli ingiusti….mentre si china a guardare nei cieli e sulla terra i e trova infinite vie per raggiungere il nostro cuore .Prego per Anna e per le intenzioni che abbiamo in cuore

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  2. Elena

    Difficile commentare questo passo….
    Penso solo che ogni cultura che si “lascia andare” perde di fatto ogni valore ed ogni forza. Il destino della Roma antica, come anche oggi delle nostre civiltà, è segnato dalla decadenza dei costumi, del non rinnovo di valori in cui credere e per cui lottare, è segnato dal non fare memoria,
    dall’idolatrare le cose, perdendo quella dimensione spirituale che guarda ancora agli ideali e che, forse eleva. L’uomo autosufficiente è destinato a perdersi, a finire…. E poi ci sono cose che solo Dio conosce, di cui solo chi le vive conosce le ragioni e che, nel profondo solo Dio può vedere e comprendere. Lasciamo agire il Signore, che conosce ciò che è bene per noi e che trova davvero moltissimi modi per raggiungerci. Lasciamoci raggiungere….
    Preghiamo per Anna e per le nostre “presunte” civiltà.

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  3. sr Rita

    Mentre vado a Curitiba per ritiro e formazione assieme alle altre comunità prego per voi, per chi è vittima di situazioni difficili e schiavizzanti. nostro mondo, anche molto vicino a noi, smarrisce i confini del bene del male e crea molta infelicità.

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