Non posso fermarmi qui e non scrivere più niente, proprio in questa giornata del primo anniversario in cui ci ha lasciato don Roberto. Non posso non dedicare a te queste parole. ci sei mancato, mi sei mancato e di questo tutti ne siamo certi. Mi sono mancate la tue parole, i tuoi sorrisi, i tuoi rimproveri veri, ma che subito dopo mi chiedevi scusa. Mi è mancata la famiglia che eravamo noi lì all’Agro anche con badanti compresi, casa di tutti, ma proprio di tutti. Mi sono mancate le mie corse per arrivare puntuale a casa, e che poi ero sempre in ritardo. mi manca quella bugia santa che potevo dire: stasera non posso perché devo stare con don Roberto, che poi era vero perché io te lo chiedevo prima di uscire e tu mi dicevi se stai qui preferisco. Mi è mancato il risotto del Benni e il pesce della Teresa e della Luisa il mercoledì sera con gli inviti a sorpresa che per un attimo ti arrabbiavi e poi eri tutto contento. Mi è mancata la pasta al pesto, la faccio ancora quasi per ricordarmi di te, ma ha un altro sapore. Mi è mancato lo stare davanti al computer prima di cena, con tu che davi gli “ordini” su come fare e che io volevo fare a mio modo. Mi è mancata la messa domenicale, con parenti e amici, su quel tavolo di casa, le tua parole, mai una fuori posto, ma sempre chiare. Mi è mancato il passaggio quotidiano del Walter che diceva Boss tutto bene? E tu lo chiamavi per sistemare tutto in casa. E il Curzio che saliva un attimo e poi scendeva a parlare col Walter sotto il glicine che non c’è più. Mi è mancato il passaggio del giovedì della Itala, gli amici dell’end e tutti gli amici che passavano di lì. E la Olga che per rendersi utile ha imparato ad usare il computer e la Mara, la fisioterapista che più che terapia sembrava una buona chiaccherata tra amici. In questo anno mi sono sentito un po’ perso, dove vado io a raccontare tutte le mie storie strampalate? Speravo che questo col tempo passasse ma non è passato. E allora? Ci ha consolato per un po’ riuscire a celebrare la messa ogni 17 del mese, poi un maledetto virus ci ha tolto anche questa possibilità. Perché sono finito alla tua casa? Per incoscienza, tu ci hai pensato tanto prima di dirmi di sì, e questa è saggezza, io ero già pronto il giorno prima e questa è incoscienza. Mi sono detto: faccio comunità e aiuto don Roberto, che bello il massimo della vita. Anche qui un atto di incoscienza. Io aiutare un malato come te? Io gestire la casa? Ma no, tu mi hai insegnato a gestire il mio tempo, tu mi hai insegnato quanta delicatezza ci voleva per prendersi cura di un corpo malato come il tuo. E io mi sono permesso di farmi come travolgere da questo fiume che era la tua malattia e fino all’ultimo giorno ho pensato che almeno dovevo esserci. Si, dovevo esserci perché altro non sapevo fare. Che cosa posso fare io come prete? Predicare? Bah. Insegnare meno ancora. Organizzare? Ma lasciamo perdere. Educare alla fede? Me se la mia fede è piccola meno di un granellino di senape! Servire l’uomo? Parola troppo grossa servire. Ci vuole umiltà nella chiesa per usare certe parole, umiltà che tu hai avuto. Che cosa potevo fare io? Ho scelto di stare accanto a te e di accompagnarti. Forse questa è una delle poche cose che ho nella testa come importante. Ed ora mi manca la cura del tuo corpo malato. I miei tentativi goffi di sistemarti per bene sulla sedia, sul letto, quando andavi in bagno, sulla poltrona. Le tue bende sulle gambe che mi andavano su sempre storte e tu ogni tanto sorridevi ogni tanto mi sgridavi, ogni tanto mi dicevi che provavi dolore. Mi rifugiavo nella Itala quando le cose non andavano bene, nella Olga e nella Teresa, soprattutto in quell’ultima settimana, quando mi hai detto sono pronto, voglio vedere la mia mamma e la mia sorella. E io ho risposto: lascia perdere non è ancora il momento. Ed invece era proprio il momento. Sono contento che sei in paradiso, ma a me, a noi manca un amico e un fratello.
Manchi don Roberto,ma questo sentimento è forse quello che ci fa realizzare che tu sei con noi. Come ci diceva anche il Vangelo oggi, chi ama resta, è presente e vivo in noi e per noi!
Sei presente in tanti momenti del giorno con i tuoi modi/atteggiamenti che insegnano, con le tue parole sincere(a me venivano riportate),con il tuo sorriso che allarga il cuore.
Tu,con la tua presenza umile e discreta hai donato amore, Amore. Grazie!!
Grazie don Roberto e grazie a te don Sandro che ci ricordate la tenacia e la coerenza di una fede, vissuta piano piano, respiro dopo respiro, sguardo dopo sguardo, parola e gesto e poi solo parola e sguardo…. Fede e amore nei piccoli gesti umili e quotidiani, i suoi, i tuoi . Attimi e lunghe giornate nella casa che era davvero casa di tutti, casa per tutti. Grazie per la vita che avete condiviso fra voi e con noi per insegnarci ad essere più umani e più profondi, per insegnarci ad andare oltre i limiti con lo spirito, consapevoli dei confini di un corpo ammalato che può diventare gabbia e giardino, nello stesso tempo. Un anno da quando abbiamo saputo che ritornavi nella Casa in cui poi volevi proprio tornare, don Roberto, dopo aver camminato un po’ qua con noi, che abbiamo avuto la gioia di conoscerti e di volerti bene…. Grazie! Un anno da quando, sì, don Sandro, sei andato un po’ cercando di fare ogni cosa, diventata molto più difficile, nel migliore dei modi, perdendo un amico che era come un faro, perdendo una casa, allontanandoti fisicamente da amici che ogni giorno vivevano un po’ con te….Hai fatto tanto per lui, il tuo amico e compagno di un viaggio complicato attraverso una malattia infame. Una scalata dura dura in montagna! E hai continuato a scalare la tua e la sua montagna. Grazie! Oggi arriva un raggio di sole, ricorda il suo sorriso, il vostro sorriso… Forse non è ancora il tempo di una messa tutti insieme, ma sicuramente è il tempo per una messa o per un pensiero che ci ricordi la tenerezza e la riconoscenza….
Essere ricordati così. ? Il massimo della beatitudine dell’amicizia.
Marinella parlava sempre di te, don Roberto. Ti aveva conosciuto per lavoro nella comunità, ti apprezzava come educatore e come sacerdote e ti voleva un gran bene. Quando anche lei si è ammalata ha voluto che anch’io la accompagnassi e li ti ho conosciuto anch’io. Il sorriso che ci accoglieva, il cibo condiviso e attorno a quel grande tavolo che per me rappresentava il mondo si respirava aria di casa.
Quando poi sono tornato, desolatamente solo, ho ritrovavo sempre lo stesso sorriso ad accogliermi nonostante la tua sofferenza e il veloce colloquio che ne seguiva iniziava sempre con: ho pregato per Marinella e per don Emilio. Ora anche io prego per te e per loro.
Non so chi sia don Roberto lo conosco da questi scritti e vi respiro vita vera, cristiana che arriva al cuore. Ringrazio quindi don Roberto di aver dato origine a tutta questa forte energia, che solo chi è in Dio, è in grado di donare, come dice il ns. Papà Francesco.