sabato 6 marzo

di | 5 Marzo 2021

Giobbe 30

1 Ora, invece, si burlano di me
i più giovani di me in età,
i cui padri non avrei degnato
di mettere tra i cani del mio gregge.
2Anche la forza delle loro mani a che mi giova?
Hanno perduto ogni vigore;
3disfatti dall’indigenza e dalla fame,
brucano per l’arido deserto,
4da lungo tempo regione desolata,
raccogliendo erbe amare accanto ai cespugli
e radici di ginestra per loro cibo.
5Espulsi dalla società,
si grida dietro a loro come al ladro;
6dimorano perciò in orrendi dirupi,
nelle grotte della terra e nelle rupi.
7In mezzo alle macchie urlano
accalcandosi sotto i roveti,
8razza ignobile, razza senza nome,
cacciati via dalla terra.
9Ora, invece, io sono la loro canzone,
sono diventato la loro favola!
10Hanno orrore di me e mi schivano
né si trattengono dallo sputarmi in faccia!
11Egli infatti ha allentato il mio arco e mi ha abbattuto,
ed essi di fronte a me hanno rotto ogni freno.
12A destra insorge la plebaglia,
per far inciampare i miei piedi
e tracciare contro di me la strada dello sterminio.
13Hanno sconvolto il mio sentiero,
cospirando per la mia rovina,
e nessuno si oppone a loro.
14Irrompono come da una larga breccia,
sbucano in mezzo alle macerie.
15I terrori si sono volti contro di me;
si è dileguata, come vento, la mia dignità
e come nube è svanita la mia felicità.
16Ed ora mi consumo,
mi hanno colto giorni funesti.
17Di notte mi sento trafiggere le ossa
e i dolori che mi rodono non mi danno riposo.
18A gran forza egli mi afferra per la veste,
mi stringe come il collo della mia tunica.
19Mi ha gettato nel fango:
sono diventato come polvere e cenere.
20Io grido a te, ma tu non mi rispondi,
insisto, ma tu non mi dai retta.
21Sei diventato crudele con me
e con la forza delle tue mani mi perseguiti;
22mi sollevi e mi poni a cavallo del vento
e mi fai sballottare dalla bufera.
23So bene che mi conduci alla morte,
alla casa dove convengono tutti i viventi.
24Nella disgrazia non si tendono forse le braccia
e non si invoca aiuto nella sventura?
25Non ho forse pianto con chi aveva una vita dura
e non mi sono afflitto per chi era povero?
26Speravo il bene ed è venuto il male,
aspettavo la luce ed è venuto il buio.
27Le mie viscere ribollono senza posa
e giorni d’affanno mi hanno raggiunto.
28Avanzo con il volto scuro, senza conforto,
nell’assemblea mi alzo per invocare aiuto.
29Sono divenuto fratello degli sciacalli
e compagno degli struzzi.
30La mia pelle annerita si stacca,
le mie ossa bruciano per la febbre.
31La mia cetra accompagna lamenti
e il mio flauto la voce di chi piange.

Commento

La ricerca che Giobbe sta facendo, questo suo scavare nelle parole per arrivare a Dio, è un percorso molto   lungo. Non può che essere così: la ricerca di Dio e delle risposte alla vita dell’uomo è molto intensa, lunga. Arrivare ad un’ intima rivelazione di Dio come chiede Giobbe è un percorso che richiede molta attenzione, molta riflessione. Non si improvvisa.  E il libro di Giobbe in questi capitoli racconta di questa fatica preziosa di Giobbe. Una fatica che porterà un frutto buono alla fine del cammino. I capitolo che adesso leggiamo hanno tutte le caratteristiche di quel discorso con cui Giobbe vorrebbe finalmente rivolgersi a tu per tu, faccia a faccia con il vero interlocutore della sua vita, l’unico con il quale è convinto che potrà spiegarsi e che potrà intendersi: Dio nella sua misteriosa grandezza, nella sua trascendenza assoluta, ma Dio, il compagno della sua vita, l’amico della sua vita, l’interlocutore della sua ricerca di vita. Rimane sempre un discorso lamentoso e dolente quello di Giobbe, ma sicuramente meno polemico dei primi discorsi, molto più riflessivo. In questo capitolo Giobbe parla del tempo presente.  Nel presente lo strazio del dolore più insopportabile è divenuto la normalità. Questo rende il dolore ancor più insopportabile, ancor più dolorosa questa trasformazione nella vita di Giobbe. Tutto sembrava già così impostato in modo da diventare definitivo, invece la norma è il disagio, la situazione degradata, la sconfitta, la miseria, la sventura di cui Giobbe è testimone adesso nel suo presente. il lamento di Giobbe in queste pagine raggiunge livelli elevatissimi anche se sembra esprimere una situazione ormai consolidata, ormai normalizzata. Proprio per questo il lamento di Giobbe raggiunge una espressività che supera tutti i livelli immaginabili

Preghiera

Preghiamo per il papa in visita di pace in Iraq

2 pensieri su “sabato 6 marzo

  1. Elena

    C’è un fondo che sembra non arrivare mai, nel dolore di Giobbe. Un dolore così profondo che chiede a Dio i suoi perché, finalmente, che relaziona direttamente con Lui. E c’è un male sul male, quello che gli infligge la gente, schernendolo, disprezzandolo, allontanandolo. Al peggio non c’è fine, dice qualcuno. E i racconti di sr Rita e ciò che leggiamo o ascoltiamo tutti i giorni ce lo ricordano. Che Dio abbia pietà di chi soffre, ma anche di questa umanità che ha perso il senso del bene e del giusto. Prego con voi per queste famiglie, prego per il Papa coraggioso nel suo andare incontro all’uomo, per Annamaria, che sta vivendo un momento difficilissimo nella sua vita di madre.

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  2. sr Alida

    Io donna di poca fede dico perché Giobbe non ha una risposta da Dio? Sembra molto lontano…. Probabile debba chiedere un cuore che attende, uno sguardo fiducioso.. Un aumento di tanta fede.. Dio ha i suoi tempi anche se sta al nostro passo… Prego con voi per la visita del Papà in Irac e per Annamaria.

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