sabato 28 marzo

di | 27 Marzo 2020

Lc 18,9-14       

9Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10“Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “ O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato”.

Commento

Il motivo della parabola raccontata da Gesù è ben chiaro: per alcuni che avevano la presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri. Questi sono i farisei, vera spina nel fianco di Gesù. la frase per essere più comprensibile si può tradurre anche con: “confidavano in se stessi perché sono giusti”. C’è insomma il “rischio” di una “giustizia” che non è in realtà tale perché è presunta conquista personale e non dono del Signore! Confidare in sé stessi, nelle proprie azioni buone, nei propri meriti. Fa impressione il modo con cui prega il fariseo: pregava così tra sé, pregava verso se stesso, pregava se stesso. La sua preghiera era uno sguardo su di sé e non su Dio. Per di più un pregare sui propri meriti. Uno così non può essere salvato e giustificato anche se fa cose belle. La vera preghiera che salva e giustifica è invece quella del pubblicano che nasce dall’invocazione “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. La sua preghiera è drammaticamente e meravigliosamente reale! Egli ha veramente bisogno di essere salvato. La sua relazione con Dio è reale e realistica. Egli torna a casa sua “giustificato non solo perché è stato umile, ma perché, a differenza del fariseo, si è posto in vera comunione con Dio, a differenza del fariseo, che in certo modo è rimasto solo con se stesso nel suo inutile auto-compiacimento. Il pubblicano giustificato – cioè “fatto giusto” dal Signore – è veramente parte di quella “Chiesa di poveri” che entra nella salvezza.

Preghiamo

Preghiamo per il papa e il nostro vescovo.

3 pensieri su “sabato 28 marzo

  1. sr Alida

    Stare umili davanti a Dio ,è il nostro posto ,è lì che ci si sente se stessi .
    Donami ,Signore l’umiltà del cuore …..grazie di essere Tua creatura….
    Mi unisco alla preghiera per il Papa e per il Vescovo .

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  2. Sr Rita

    Essere buoni, fare il bene è un piacere che diamo a noi stessi, non una occasione per giudicare gli altri credendoli inferiori. Essere umili non è credersi sciocchi, da meno degli altri, ma consapevolezza di essere quello che siamo per dono di Dio. Donaci Signore l’intelligenza di stare al nostro posto contenti di quello che siamo.

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  3. Elena

    “Disse questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti”.
    Quante volte ci siamo sentiti così giusti, così arrogantemente giusti, dal sentirci in diritto di giudicare gli altri…. E quante volte, venendo giudicati dagli altri ne abbiamo sentito il peso, l’ingiustizia…. Solo Dio vede nel cuore, intimamente, e solo a Lui sono rimesse le nostre azioni e le nostre intenzioni e supponenze. Anche rispetto a ciò che accade in questi giorni così dolorosi e faticosi per l’umanità intera, si sente così tanta arroganza nel giudicare cose che non si conoscono. Chiediamo il dono dell’umiltà, chiediamo e riconosciamo il dono della grazia, impariamo ad abbassare il capo e a riconoscerci bisognosi e indegni delle pur minime cose che abbiamo ricevuto dal Signore. Senza alcun merito…. Prego con voi per il Papà e per il vescovo, per tutti i sacerdoti che in questi tempi di lutto accompagnano con la preghiera il dolore silenzioso e straziante di tante famiglie invisibili.

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