Credo che il tempo che stiamo vivendo richiede una qualità unica, speciale, una qualità che è del vangelo, ma anche della vita. è quella qualità che dice che dobbiamo vigilare, essere attenti alla nostra vita e alla vita altrui. Inizia la stagione dell’orto e dobbiamo saper vigilare su di esso. Vuol dire che dobbiamo dare un occhio attento, un occhio di premura, un occhio anche di fantasia. Comunque serve da qui in avanti una maggiore vigilanza. Nell’orto è facile, quando si ha tempo. Ma nella vita? come si traduce questa vigilanza? Cosa vuol dire vigilare sulla nostra vita, sul tempo che scorre e sul mondo intero? Possiamo dirla così: oggi più che mai dobbiamo ritrovare la nostra umanità, dobbiamo “disseppellire in noi quel pezzetto di Dio nascosto dalle macerie”, come diceva Etty Hillesum; è necessario fare un percorso a ritroso, lasciando cadere le maschere con cui abbiamo coperto il nostro vero volto. Ricostruire la nostra umanità, ecco quel che dobbiamo fare, pazientemente, come un bravo muratore che, dopo aver abbattuto un muro pericolante aggiunge pietra
a pietra, ripulendole una ad una, guardandole alla luce per controllare che si conformino bene e diventino una solida costruzione. Ecco cosa significa vigilare su questo tempo nell’attesa della pace. Questa sfida della veglia su tutto quanto è umano e sa di umano è la vera sfida dell’oggi e del domani. Una sfida delle cose impossibili. Però sappiamo che dentro le cose impossibili si esercita e prende forma la gratuità della vita. allora la veglia sull’uomo è la medesima veglia sulla gratuità della vita. trovo, leggendo da un libro, una frase di Luis Espinal che dice bene questa veglia sull’umano: Il futuro è un enigma, il nostro cammino si inoltra nella nebbia; ma vogliamo continuare a donarci, perché tu stai aspettando nella notte, con mille occhi umani traboccanti di lacrime. Così e solo così si ricostruisce il futuro dell’uomo.