mercoledì 23 marzo

di | 22 Marzo 2022

gen 41,37-57

La proposta piacque al faraone e a tutti i suoi ministri. 38Il faraone disse ai ministri: “Potremo trovare un uomo come questo, in cui sia lo spirito di Dio?”. 39E il faraone disse a Giuseppe: “Dal momento che Dio ti ha manifestato tutto questo, non c’è nessuno intelligente e saggio come te. 40Tu stesso sarai il mio governatore e ai tuoi ordini si schiererà tutto il mio popolo: solo per il trono io sarò più grande di te”.
41Il faraone disse a Giuseppe: “Ecco, io ti metto a capo di tutta la terra d’Egitto”. 42Il faraone si tolse di mano l’anello e lo pose sulla mano di Giuseppe; lo rivestì di abiti di lino finissimo e gli pose al collo un monile d’oro. Lo fece salire sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava: “Abrech”. E così lo si stabilì su tutta la terra d’Egitto. 44Poi il faraone disse a Giuseppe: “Io sono il faraone, ma senza il tuo permesso nessuno potrà alzare la mano o il piede in tutta la terra d’Egitto”. E il faraone chiamò Giuseppe Safnat-Panèach e gli diede in moglie Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di Eliòpoli. Giuseppe partì per visitare l’Egitto. 46Giuseppe aveva trent’anni quando entrò al servizio del faraone, re d’Egitto. Quindi Giuseppe si allontanò dal faraone e percorse tutta la terra d’Egitto. 47Durante i sette anni di abbondanza la terra produsse a profusione. 48Egli raccolse tutti i viveri dei sette anni di abbondanza che vennero nella terra d’Egitto, e ripose i viveri nelle città: in ogni città i viveri della campagna circostante. 49Giuseppe ammassò il grano come la sabbia del mare, in grandissima quantità, così che non se ne fece più il computo, perché era incalcolabile.50Intanto, prima che venisse l’anno della carestia, nacquero a Giuseppe due figli, partoriti a lui da Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di Eliòpoli. Giuseppe chiamò il primogenito Manasse, “perché – disse – Dio mi ha fatto dimenticare ogni affanno e tutta la casa di mio padre”. 52E il secondo lo chiamò Èfraim, “perché – disse – Dio mi ha reso fecondo nella terra della mia afflizione”.53Finirono i sette anni di abbondanza nella terra d’Egitto 54e cominciarono i sette anni di carestia, come aveva detto Giuseppe. Ci fu carestia in ogni paese, ma in tutta la terra d’Egitto c’era il pane. 55Poi anche tutta la terra d’Egitto cominciò a sentire la fame e il popolo gridò al faraone per avere il pane. Il faraone disse a tutti gli Egiziani: “Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà”. 56La carestia imperversava su tutta la terra. Allora Giuseppe aprì tutti i depositi in cui vi era grano e lo vendette agli Egiziani. La carestia si aggravava in Egitto, 57ma da ogni paese venivano in Egitto per acquistare grano da Giuseppe, perché la carestia infieriva su tutta la terra.

Commento

Il testo continua a tratteggiare Giuseppe come un uomo di Dio, che dà prova di avere le doti necessarie per risolvere la minaccia incombente della carestia. Inoltre lo tratteggia come un uomo che si coinvolge negli eventi, prende iniziative, vive responsabilmente i suoi impegni, non è solo spettatore. Non sta mai con le mani in mano, si dà da fare. Pensa più al bene di quanti incontra che al bene personale. È esattamente quello che ogni ebreo deve essere. Questo è il modo di agire di Giuseppe uomo intelligente e saggio. Il suo risolvere il problema della carestia non è solo un pensare a se stesso. Alla fine tutti verranno da lui a comprare grano. Di fatto dopo il faraone la persona più importante d’Egitto è Giuseppe. Ma il suo non sarà un potere che schiaccia il debole, ma un potere che costruirà per prevenire la fame durante la carestia. C’è una frase interessante nel testo. Il faraone dice : “Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà”. Il faraone dà piena  fiducia a Giuseppe e dice quelle parole come segno di fiducia. Tale frase che si conserverà nella tradizione ebraica, al punto che l’evangelista Giovanni la porrà sulle labbra di Maria a Cana di Galilea riferita a Gesù. Infatti Maria dirà ai servi fate quello che vi dirà.

Preghiamo

Preghiamo  per le nostre famiglie.

2 pensieri su “mercoledì 23 marzo

  1. Elena

    Credo che ogni uomo intelligente, saggio e …di Dio, possa e debba vivere il bene altrui come cosa importante! Non dico prioritaria sempre, perché se non ho cura, amore e rispetto per me stessa, non potrò averne neppure per altri. Ma il pensare al bene comune comprende il mio star bene con gli altri… Giuseppe è un uomo di Dio, ne ha passate tante, ma è attore della propria vita. Non si limita a subirne i giorni, si attiva, vive in pienezza i doni ricevuti ed è un uomo affidabile con tutti, senza vanità. Un buon esempio…

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  2. sr Alida

    Anche qui c’è un Giuseppe con una missione particolare…. Signore facci scoprire la bellezza dell’identità che ci hai dato dell’essere tuoi figli… E della vocazione personale per il bene comune…. Per tutte le famiglie e per la pace ti preghiamo.

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