Un amico mi ha suggerito ieri durante una videoconferenza questa idea: parole nuove. Si possono inventare parole nuove? Se non ricordo male un tale di nome Dante ha dato inizio a parole nuove che sono di fatto la nostra lingua italiana. I giovani quando scrivono al cellulare hanno un linguaggio tutto loro che forse è una lingua nuova. Parole nuove per un tempo nuovo. Qui io mi lancio in una serie di riflessioni sconclusionate. La prima: sicuramente troveremo parole nuove per raccontare di quanto è successo e del mondo che ci aspetta nel futuro, ma queste parole nuove non cambieranno niente. Una specie di operazione di lifting esteriore, ma il contenuto rimane quello. Il processo di cambiamento che le parole devono mettere in atto non si metterà in movimento. È come quando tutti abbiamo pensato che utilizzando l’inglese come lingua delle cose importanti chissà quante cose nuove avremmo potuto fare. Parole nuove per un senso uguale, invariato. C’è anche un’altra possibilità parole nuove con un senso nuovo. Usiamo per esempio la parola lavoro. Non diremo più solo lavoro ma smart working (il lavoro fatto a casa) dovremo però costruire attorno a questa parola un senso nuovo del lavoro. È questa la grande sfida del futuro. Quando Dante ha inventato la lingua italiana ha portato un modo nuovo di pensare l’uomo, il mondo, la vita, la religione. San Francesco non ha solo inventato la parola frati, che deriva da fratelli, ma un modo nuovo di pensare la fraternità nella chiesa. Ecco, parole nuove che portano un senso nuovo. A dirla tutta si possono usare parole vecchie e cercare di dare un senso nuovo. Ma per fare questo serve un tempo di riflessione e di dialogo tra tutti e tutte le parti. Il senso delle parole non si trova al supermercato, ma nel cuore dell’uomo e della storia. Il vangelo smentisce tutte queste mie teorie e parole sconclusionate. Ad un certo punto il vangelo dice così: “Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. 38Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. 39Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: «Il vecchio è gradevole!»». Lc 5,36-39 . Dio non mette vino nuovo in otri vecchi se non purificati dalla sua grazia. Lo stesso per i vestiti, un pezzo nuovo, su un vestito vecchio. Non si può tenere insieme vecchio e nuovo. Questo me lo diceva anche mia madre che cercava con cura le pezze per aggiustare i nostri vestiti, diceva che se sbagli il vestito si strappa ancora. Se vogliamo parole nuove, dobbiamo mettere da parte le vecchie parole. Perché il vecchio e il nuovo difficilmente stanno insieme. Una chiesa nuova ha bisogno di parole nuove lasciando da parte le vecchie parole. Ma soprattutto dobbiamo, attraverso le parole nuove rinnovare il nostro cuore per essere pronti ad accogliere il mondo nuovo che sta per arrivare. Se continueremo ad avere le parole vecchie e il cuore vecchio non saremo in grado di accogliere il mondo nuovo che inevitabilmente sta arrivando.
caro don Sandro, il Vangelo ci offre anche un altro rapporto fra nuovo e vecchio (Matteo 13:52): «Per questo, ogni scriba che diventa un discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa il quale tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie».
Che la Grazia ci aiuti in questo tempo a sapere tirare fuori dalla nostra vita con sapienza cose vecchie e cose nuove.
ciao Cesare
Ogni giorno è nuovo , e tante cose nuove …ma se il cuore non è nuovo ,tutto è uguale e solito ,se il cuore è nuovo ,le stesse cose , parole ,eventi ,sono nuovi …