Apro uno spartito dei notturni di Chopin trovato su internet. Non ci capisco niente di musica scritta, di pentagrammi con tutte le note sopra e con tutti quei segni. È uno dei dispiaceri della mia vita, non aver mai approfondito la musica. Non ne so quasi niente. Ma una cosa mi colpisce: in cima allo spartito c’è scritto: andante. Se non sbaglio indica il tempo di esecuzione dell’opera. Cerco il significato di andante e trovo scritto: moderatamente lento, andante, moderato o molto moderato, al passo, fra largo e moderato. Sugli spartiti musicali ce ne sono un’infinità di queste annotazioni di tempo. Collego un notturno andante ad una serie di piccole suggestioni. Come prima cosa mi chiedo come posso avere un tempo andante. Se cammino, penso ad uno che va con un passo regolare, non veloce, ma neppure lento. Mi immagino io quando camminavo in montagna. Avevo un cammino un po’ andante, lento, costante, ma mai fermo. Andante appunto, che si muove, che cammina, che non procedere a scatti, ma che macina terreno senza fermarsi. Penso al mediano del calcio. Una vita da mediano cantava Ligabue. Su e giù per il campo, andante, sempre costantemente in movimento. Che poi quando il centroavanti sbagliava il gol era colpa del mediano che aveva lanciato male la palla, e quando segnava era tutto merito delle doti del bomber. Su e giù dal campo, ma senza che nessuno lo ricordi mai. E poi il passista puro del ciclismo. Saliva, scendeva, pedalava in pianura sempre con quel passo che era un po’ andante. Difficilmente un passista vinceva una gara. Doveva essere almeno un passista scalatore, almeno in salita, magari qualche volta ce la faceva a vincere. Altrimenti andante e pedalante. Il tutto per gli altri. Un moto perpetuo quello dell’andante, un moto che si allarga con serenità, un moto semplice ma continuo. Una notte andante me la immagino così. Perennemente in movimento nella vita. senza ansia, senza scatti improvvisi. Un procedere lineare. Io mi conosco così: andante sempre in movimento nel corpo, nell’anima, nel cuore, nella mente, nella fede. Perennemente una notte di cammino e di ricerca. Un notturno movimento per trovare la luce del sole, la luce della mia vita. ma a differenza dell’andante sereno, io devo dire che sono un andante ansioso. Sullo spartito musicale della mia vita dovrei scrivere tempo musicale andante ansioso. Il nostro mondo non è più andante sereno. È tutto una corsa. Corsa al lavoro, corsa al guadagno, corsa per arrivare primo. Qui da noi è scomparsa la notte andante. È rimasta la notte di corsa e urlata. E anche chi lavora di notte non so quanto è notturno andante. Anche l’anima non è quasi più notturno andante: cercatrice di un senso nella notte della vita, con un andamento costante e andante insieme, come i monaci cercatori insaziabili del divino, con motto andante. L’anima corre veloce e cerca tutto e subito. Gesù era di andamento notturno andante, si soffermava sul chicco di grano, su un fico, su un fiore del campo, su una povera vedova al tempio, su un malato. Si soffermava, guardava, curava, guariva e intanto si muoveva con calma nell’attesa del prossimo incontro. La sua notte, quella della croce per me è stato il notturno di Gesù. Un notturno al passo, cioè con passo deciso, di chi non si tira indietro, di chi sa, che se anche dolorosa, la sua notte va affrontata per andare oltre la notte. Un andante che mi fa andare oltre la notte. Bellissimo un notturno andante