Mt 24,15-25
15 Quando dunque vedrete presente nel luogo santo l’abominio della devastazione, di cui parlò il profeta Daniele – chi legge, comprenda –, 16 allora quelli che sono in Giudea fuggano sui monti, 17 chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere le cose di casa sua, 18 e chi si trova nel campo non torni indietro a prendere il suo mantello. 19 In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano! 20 Pregate che la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato. 21 Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale non vi è mai stata dall’inizio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà. 22 E se quei giorni non fossero abbreviati, nessuno si salverebbe; ma, grazie agli eletti, quei giorni saranno abbreviati. 23 Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non credeteci; 24 perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da ingannare, se possibile, anche gli eletti. 25 Ecco, io ve l’ho predetto.
Commento
Mi sembra che è un brano di difficile comprensione e spiegazione e quindi cerco di stare attento a tutto quello che scrivo. E prendete queste parole con molta attenzione. Certo sorprende che in un vangelo che è annuncio della beatitudine e della pace ci siano parole così dure. Eppure la storia degli uomini è anche questa, segnata dalla devastazione. L’abominio della devastazione è il luogo più sacro del tempio di Gerusalemme che viene invaso dal male. E allora se il male entra anche nel tempio sacro non resta che fuggire. Ma non è così la guerra? Quando entra negli spazi più sacri e intimi non resta che fuggire. Quando il male entra nell’intimo dell’uomo e dell’umanità tutto è devastazione. L’umanità intera e l’uomo fa questa esperienza quando il male prende il sopravvento sul bene, da qui non si può tornare indietro. Forse questo fuggire lontano dai monti non è solo la fuga dalla violenza, ma anche il tentativo dell’uomo che vuole il bene di cercare un luogo il più lontano possibile dal male. C’è un diritto-dovere di fuga che non è viltà, ma timor di Dio e cioè consapevolezza che, pur nella nostra fragilità, ci è chiesto di custodire il dono di Dio. Da ogni esposizione all’adorazione dell’idolo bisogna ritrarsi, senza la temerarietà di pensarsi forti e indenni. In questi tempi così duri esiste come una speranza che abbrevia il tempo e che riporta la pace perché l’idolo del male viene come cacciato fuori. L’uomo che confida in Dio e non nei falsi profeti e che opera il bene a favore dell’umanità può essere colui che abbrevia il tempo per un ritorno alla pace
Preghiamo
Preghiamo per tutti gli operatori di pace.
Cercare un luogo più lontano possibile dal male…pur nella nostra fragilità ci è chiesto di custodire il dono di Dio ……Che angoscia questo tratto di Parola …che è anche la realtà ..Il Signore però ci dà sempre un motivo di speranza,per non soccombere ..Prego per tutti gli operatori di pace .
C’è un diritto-dovere di fuga che non è viltà, ma timor di Dio e cioè consapevolezza che, pur nella nostra fragilità, ci è chiesto di custodire il dono di Dio. Colgo tutta la bellezza di queste parole di Don Sandro e le dedico a chi ha paura di fuggire dalle occasioni che fanno male.
Parole dure, quelle di oggi, ma che aprono spazi a meditazioni più profonde. E alla tenacia dell’essere credenti, dello stare in Dio. Anche se il costo è alto e la paura è molta. Difesa, preghiera, pensiero, fiducia, speranza, amore, sono racchiuse nella Parola di oggi. Che possiamo scoprire ed operare ogni forma di bene nel tempo che ci viene dato. Preghiamo per gli operatori di pace e per lo zio Guido che si è ricongiunto al Padre.