Gb 4,17-21
17 «Può il mortale essere giusto davanti a Dio
o innocente l’uomo davanti al suo creatore?
18 Ecco, dei suoi servi egli non si fida
e ai suoi angeli imputa difetti;
19 quanto più a chi abita case di fango,
che nella polvere hanno il loro fondamento!
Come tarlo sono schiacciati,
20 annientati fra il mattino e la sera:
senza che nessuno ci badi, periscono per sempre.
21 La funicella della loro tenda non viene forse
strappata?
Muoiono senza saggezza!».
Commento
Concludiamo il commento al primo dialogo tra Giobbe e Elifaz. Egli raccoglie tutte le sue parole di saggezza e di filosofia per mettere Giobbe sulla buona strada per comprendere il perché della sua condizione. I maestri di vita spirituale veri o presunti hanno un bagaglio di parole capaci di convincere chiunque. Ma Elifaz non riesce a convincere l’amico Giobbe. I saggi ci dicono che è al culmine di questa notte – che può durare anche decenni – che può cominciare la vera vita spirituale, della quale i tempi del dono e della luce erano stati soltanto la sala d’attesa. Ci dicono con un luogo comune che bisogna toccare il fondo per rinascere. Ma Giobbe tutto questo lo elude; egli sfugge via da questa logica. Perché la sua condizione di disperato non gli permette di guardare oltre. egli non lo sa, non lo può e non lo deve sapere – e noi forse dobbiamo essere ignoranti come lui, se vogliamo seguirlo nella sua esperienza radicale, e provare a rinascere e non fare i saggi consiglieri. Non stupisce allora che la logica del (bel) discorso di Elifaz, che pur contiene molte verità della migliore etica del tempo (la vita virtuosa porta, prima o poi, alla felicità), non è di alcun conforto a Giobbe. Anzi Giobbe rifiuta proprio questa logica, perché secondo lui non è giusto tutto quanto è successo alla sua vita. Giobbe si è come inchiodato qui.
Preghiamo
Preghiamo per Antonella
Può il mortale essere giusto davanti a Dio
o innocente l’uomo davanti al suo creatore?
Come dice don Sandro, belle parole che non toccano però le corde del sofferente, perché non impastate della sua sofferenza, ma solo di logica e razionalità.
Torna continuamente il tema della vicinanza silenziosa e dell’ascolto.
Ci sia dato questo atteggiamento.
Preghiamo per chi si è inchiodato nella sua sofferenza e non vede oltre.
Può il mortale essere giusto davanti a Dio o innocente l’uomo davanti al suo creatore ?
Può soltanto se è Dio con la Sua misericordia e vicinanza a renderci così …A noi manca questa consapevolezza .
Rimane il silenzio ,si ,di fronte a Giobbe e a ciascun mistero di sofferenza ….Mi unisco alla preghiera per Antonella e per l’umanità sofferente .
Continuo nella preghiera silenziosa per tutti coloro che soffrono, per le intenzioni custodite nel cuore di ciascuno. Meditare sul dolore comporta il silenzio. Ci sono cose incomprensibili ai nostri sguardi. Possa il Signore, nel silenzio della preghiera renderci meno ciechi e meno sordi. E più vicini a chi attraversa le grandi prove della vita!