Giobbe 22,1-15
[1]Elifaz il Temanita prese a dire:
[2]Può forse l’uomo giovare a Dio,
se il saggio giova solo a se stesso?
[3]Quale interesse ne viene all’Onnipotente che tu sia giusto
o che vantaggio ha, se tieni una condotta integra?
[4]Forse per la tua pietà ti punisce
e ti convoca in giudizio?
[5]O non piuttosto per la tua grande malvagità
e per le tue iniquità senza limite?
[6]Senza motivo infatti hai angariato i tuoi fratelli
e delle vesti hai spogliato gli ignudi.
[7]Non hai dato da bere all’assetato
e all’affamato hai rifiutato il pane,
[8]la terra l’ha il prepotente
e vi abita il tuo favorito.
[9]Le vedove hai rimandato a mani vuote
e le braccia degli orfani hai rotto.
[10]Ecco perché d’intorno a te ci sono lacci
e un improvviso spavento ti sorprende.
[11]Tenebra è la tua luce e più non vedi
e la piena delle acque ti sommerge.
[12]Ma Dio non è nell’alto dei cieli?
Guarda il vertice delle stelle: quanto sono alte!
[13]E tu dici: «Che cosa sa Dio?
Può giudicare attraverso la caligine?
[14]Le nubi gli fanno velo e non vede
e sulla volta dei cieli passeggia».
[15]Vuoi tu seguire il sentiero d’un tempo,
gia battuto da uomini empi,
[16]che prima del tempo furono portati via,
quando un fiume si era riversato sulle loro fondamenta?
Commento
A Giobbe risponde, secondo uno schema che ormai abbiamo imparato a conoscere, Elifaz. Il saggio Elifaz ripete la sua tesi usando una traccia caratteristica della teologia profetica: accusa, invita alla conversione, promessa di salvezza e liberazione. Ancora una volta notiamo la povertà mentale di chi si rifugia in schemi prefabbricati da imporre alla realtà per interpretarla coartandola e, alla fine, non spiegabile. L’esistenza non si lascia esaurire dallo stampo freddo e meccanico di una teoria. Elifaz è ricorso al suo terreno specifico dopo l’inatteso sconfinamento di Giobbe nel terreno sapienziale. Possiamo seguire il movimento del pensiero di Elifaz notando che egli ripropone, fin dagli inizi, il collegamento peccato-dolore e rifiutando la sapienza del discorso precedente di Giobbe. Egli vuole anche documentare concretamente il peccato di Giobbe opponendogli una lista di mancanze contro il prossimo. Giobbe dubitava che Dio annotasse queste debolezze, separato com’è dalla nostra storia nell’alto dei suoi cieli invalicabili e remoti. Insomma l’amico saggio riprende da dove ha lasciato. Sembra non avere ascoltato per nulla le parole di Giobbe. Quante volte anche noi torniamo sempre a ribadire i medesimi concetti, senza ascoltare il dolore degli altri.
Preghiamo
Preghiamo per Luca
Questo altalenare di discorsi che passano dall’accusa alla vendetta, dall’insinuazione al giudizio fa male al cuore. Si, perché è quanto succede anche in noi, oggi. Il male produce male. La violenza genera violenza e morte della speranza. Un brutto modo di affrontare il male e il dolore. Nello stesso tempo, la fatica, la paura di non riuscire ad andare oltre.
Signore, questi stati d’animo siano abitati dalla tua presenza misericordiosa e comprensiva. Aiuta chi soffre ad attraversare il dolore tenendosi stretto a te.
Com’è difficile uscire da se stessi e dai propri panni per cercare almeno un po’ di mettersi nei panni degli altri. E quando dobbiamo dare giudizi ci andiamo giù pesanti! Dove abitano misericordia e pietà? Dove finisce il pudore di fronte al dolore? Preghiamo per tutti coloro che soffrono e vivono la solitudine da coloro che amano, una solitudine interiore, spitituale.
Se proviamo a metterci nei panni di chi soffre ,o in quelli di Giobbe ,non ci permettiamo di dire sentenze e giudizi …solo preghiera e silenzio per essere a nostra volta vicini a chi soffre. .Condivido e prego con voi per Luca e per le intenzioni da voi espresse .