Non ho dubbi su questa lettera: G come giustizia. La mastico tutti i giorni, grazie alla giustizia riparativa, alla mediazione umanistica. È una parola che ha creato incontri a non finire soprattutto con i giovani e i ragazzi. È una parola che ha un po’ cambiato la mia vita e la sta cambiando ancora. Claudia Mazzuccato direbbe che la giustizia riparativa è un paradigma scandaloso, il paradigma di una giustizia che crea incontro. Ma oggi vorrei parlare di una questione un po’ particolare riguardo al tema della giustizia. Anzi la questione che pongo in questa breve riflessione è proprio la questione della giustizia riparativa che sa mettere insieme due parole in apparenza lontane l’una dall’altra. Le due parole sono pietà (o misericordia) e giustizia. Secondo un modo comune di pensare o esiste pietà o esiste giustizia. Le due cose non possono stare insieme. E succede che l’uomo di pietà e misericordioso è il buono di turno, mentre l’uomo di giustizia è l’uomo forte. La parola sacra produce degli effetti straordinari, è in grado di tenere insieme due estremi, in questo caso pietà e giustizia. Un bellissimo passaggio di Dostoevskij dice così Non conoscono la pietà, conoscono solo la giustizia: per questo sono ingiusti. Oggi vediamo come la giustizia dei tiranni non conosce la pietà e spesso neppure la verità. È per questo che nelle società civili la pena non dev’essere solo punitiva ma anche riparativa. A livello più modesto e quotidiano, è necessario che noi tutti abbiamo sempre a coniugare nel nostro comportamento le esigenze della verità con la generosità della misericordia, il rispetto della giustizia col riconoscimento della fragilità e debolezza umana, che fa scattare la pietà, che aiuta a riconoscere l’altro nella sua fragilità e nel suo dolore, che pratica una giustizia dell’incontro, del riconoscimento. Pietà non è pietismo, pietà è il riconoscimento della verità, quindi anche dell’eventuale errore, ma in un ottica di ricomposizione vera del conflitto. La giustizia così come la intendo io richiede il riconoscimento dell’umano che è nell’altro, richiede anche il riconoscimento della fragilità dell’altro. Ma senza ricerca della giustizia, ogni amore si svuota, miserabilmente. Il compimento della giustizia e dell’amore non è alla nostra portata, ma questo movimento circolare tra misericordia e giustizia lo rende accessibile.