ho messo questa immagine di chagall con questo violinista perchè mi sento un pò così: suonatore stonato della pace. e sì, perchè mi rendo conto che mi sono imbarcato in una questione più grande di me con sta storia della non violenza. Sono un illuso’ forse sì, ma non mollo mica tanto facilmente. Sento nel profondo di me stesso la verità di tutto quanto scrivo, leggo, penso nella mia mente. Credo in grande misura nel messaggio della non violenza. Cerco di leggere, di capire, di approfondire questi argomenti. Quelli sulla non violenza, insieme ad alcuni libri sulla vita interiore, sulla scrittura sacra e ad alcuni (tanti) romanzi, sono i libri che girano di più sulla mia scrivania e nella mia libreria. Quando ho cercato alcuni libri di don Roberto da portare a casa mia, mi sono preso tutto quello che ho trovato su Gandhi (e vi garantisco che ne aveva un bel po’ di libri sulla non violenza il buon don Roberto) ed ogni tanto li rileggo, direi con un po’ di venerazione. Dopo la scrittura sacra metto questi libri tra i miei preferiti, insieme ai promessi sposi. Ricordo che prima ancora di molte fedi, alle acli il buon Daniele Rocchetti aveva organizzato un corso su Daniele Pontara., un filosofo italiano, forse uno dei massimi studiosi del metodo non violento e di Gandhi. Conservo ancora le dispense di quel corso. Ma so bene che non basta approfondire, bisogna agire, fare qualcosa per la pace e per costruire relazioni vere e pacifiche. Non sono un illuso da pensare che tutto è chiaro, limpido, perfetto nel mio modo di praticare la non violenza. Ma ogni tanto mi intoppo alla grande proprio su questa cosa che ritengo importante per me. È successo anche ieri durante una discussione seria dove ho perso la pazienza e ho sbottato miseramente. E allora arrivederci alla prossima puntata la famosa non violenza. Mi rendo conto che è un dono troppo fragile quello della pace e della non violenza. È come un cristallo di Murano o di Boemia. No, non è come uno swarovski, non mi piacciono gli swarovski, troppo di lusso per i miei gusti. Si, la pace sta in un vaso di creta e quel vaso di creta sono io. Proprio io rischio di rompere ad ogni occasione questo dono immenso che è la pace e che è stato seminato nel mio cuore dai miei genitori, dagli amici, da Dio. Io e solo io rovino quel grande dono che è la pace.Succede quando alzo la voce, quando insulto, quando giudico. Sento tutta la mia debolezza di fronte a tale dono immenso che è la non violenza. Quando succede che rompo questo vaso in genere chiedo scusa, ma non basta chiedere scusa, devo migliorare. Già il mio carattere non mi aiuta e devo tenerlo a freno, se poi si aggiunge una situazione difficile è finita del tutto. Si è vero non è fragile la non violenza, sono fragile io che non sono allenato abbastanza per vivere da uomo pacificato. E allora che fare? all’inizio ci rimango male, tanto male, poi apro la scrittura sacra e vedo che cosa ha da raccontarmi, e per finire, passata la delusione, riparto. Non sono il tipo che alza bandiera bianca e che dice a se stesso, tanto qui non cambia niente e allora rinunciamo, finiamola con sta storia della non violenza. No non sono così; certo mi pesa la mia fragilità, ma mica ci rinuncio. Illuso? No, convinto che quella della non violenza è la via del futuro.
La caparbietà della non violenza è un cammino pericoloso. Abbiamo visto cosa è successo a Gesù. Ma alla fine non è questa la strada che professiamo di voler percorrere noi che ci riteniamo seguitori di Gesù?