22 domenica T. Ordinario dal vangelo di Matteo
«Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». 24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».
commento
Nel Vangelo di oggi, Gesù «cominciò a mostrare…» la via della felicità, ossia che non vi è altra via alla felicità, alla vita, alla pienezza di sé, se non quella scaturita dall’amore che sa andare “fino alla fine”. Prendere la propria croce’ significa infatti essere disposti a vivere tutte le conseguenze dell’amore. Ma Pietro, e in fondo ciascuno di noi, ha la segreta speranza che debba esistere un’altra via possibile alla felicità. Quella che necessita di passare dalla morte di sé è troppo ostica e in fondo impraticabile. Infatti, dice a Gesù: «questo non ti accadrà mai». Pietro sta impedendo alla vita di vivere, alla luce di risplendere, al fuoco di scaldare. Sta chiedendo all’Amore di non essere Amore. «Chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» Occorre giungere alla consapevolezza che ciò che ci compie come esseri umani, è perdere la vita, vivere quello che i mistici definirono come ‘distacco’, e gli orientali come ‘vuoto’. Non avere più elementi esterni cui aggrapparsi per definire se stessi: denaro, successo, famiglia, giudizi altrui. La nostra vera identità sarà data non dalle cose esterne a noi stessi, ma dall’emergere del nostro ‘sé autentico’, e questo verrà definito quando tutto il resto si frantumerà. Occorre mollare la presa. Su tutto. Da cosa facciamo dipendere la nostra vita? A cosa ci aggrappiamo, a chi ci assicuriamo per essere? Quando vivremo il suo abbandono, avremo la vita salva, come Gesù sulla croce. Finché faremo dipendere il nostro compimento, la nostra felicità dalle cose esterne a noi o da un Dio immaginato e pensato, ne rimarremo sempre delusi, perché non in grado di rivelarci la verità delle cose. Dobbiamo cercare la via della felicità in noi e nel dono di noi stessi.
Preghiamo
Preghiamo per sr Agnese e Sr Alma che dopo tanti anni di servizio lasciano il villaggio Gabrieli.
Mi unisco alla preghiera per le mie consorelle che vengono trasferite. Sia anche questa una nuova vocazione a lasciare… perché hanno trovato….
Dare la vita, perdere la propria vita. Coloro che amano, soffrono, impegnano ogni gesto per gli altri, sanno bene dove nasce la pienezza, il senso assoluto della propria vita, il senso luminoso della felicità. Una gioia mai scontata, quella che ci propone Gesù, ma una gioia che nasce dalla giustizia di aver fatto le cose con gli altri e per gli altri. Nulla è facile nell’amare, nel dare, nel perdere per ritrovare…
Accompagno nella preghiera sr Agnese e sr Alma in questo loro lasciare per condividere con altre sorelle e per altre vie la loro ricchezza personale, umana e religiosa!
Da cosa dipende la mia felicità ? Importante e necessaria domanda ….Occorre pensare secondo Dio per arrivare all’amore e alle sue conseguenze ,distacco da ciò che è terreno ,che non vuol dire non usarne ,ma usarne sapendo di lasciare…prego e mi unisco a sr Agnese e sr Alma nel loro lasciare ….