25 domenica T. Ordinario -Dal vangelo di Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Commento
Il padrone di casa esce alle cinque del pomeriggio per chiamare gli operai da mandare a lavorare nella sua vigna. Il lavoro nei campi terminava però alle quattro. Ma perché anche i casi disperati, quelli che ‘nessuno ha mai preso a giornata’, quelli da sempre considerati ‘perduti’, i falliti, i non idonei, gli irregolari potessero entrare nella ‘sua vigna’, lui esce anche dopo il tempo massimo. L’amore non può rassegnarsi che vi siano figli ‘disoccupati’, perché l’unica occupazione degna dell’uomo è vivere della carità. E poi, a sera, giunge il momento della resa dei conti. Tutti vengono ‘pagati’ con la stessa moneta: un denaro, la paga di un operaio per un giorno di lavoro. Ma alcuni – i primi – si lamentano del trattamento del padrone di casa. E noi sappiamo che il Vangelo è scritto per smontare la logica dei ‘primi della classe’, dei buoni, dei meritevoli, dei giusti. I primi ‘pensarono che avrebbero ricevuto di più’ (v. 10a). Nel mondo di Dio non è questione di più o di meno, di merito o di colpa, di buoni o cattivi, ma solo di dono e di accoglienza. Se il malvagio si apre all’amore, è salvo anche lui. Il Vangelo di oggi mi ricorda che ciò che conta è ricevere il Signore che esce continuamente verso di me, anche fuori tempo massimo, ossia quando mi dico che ‘ormai tutto è inutile’. C’è un amore che mi avvolge in ogni situazione della mia esistenza, per quanto uomo dell’ultima ora possa essere.
Preghiamo Preghiamo per le famiglie
L’amore e la carità non rispettano tempi e logiche che sanno di meschinità, di conti ben definiti, di calcoli razionali. L’amore e la carità non rispettano le nostre aspettative. Hanno un seme divino, spirituale, non troppo, semplicemente umano… L’amore e la carità sono portatori di dignità oltre ogni tempo e affondano nelle storie degli ultimi per riportarli in alto, ai primi posti. Preghiamo per tutti gli ultimi, per tutti quelli sulle cui opportunità facciamo i nostri conti con malevolenza, preghiamo perché il Signore abbia pietà anche delle nostre invidie e pochezze.
E per tutte le famiglie.
Il commento si è perso era ultimo tratto commento di don Sandro e le intenzioni gia espresse