Insisto a scrivere su don Roberto perché siamo vicini all’anniversario dei 5 anni in cui ci ha lasciato e allora scrivere anche solo due semplici righe di ricordo mi aiuta in questo tempo strano per me. Oggi vado a ripescare un fatto che con me si ripeteva di frequente, causa la mia incapacità di esserci nelle vicende della casa e della cura della sua persona. Perché ritengo che perdono, mansuetudine, dono sommesso e tutto quanto ho scritto di questi tempi va riassunto in una parola che don Roberto esplicitava di frequente e che per lui era come un comandamento. Il fatto in questione è questo. io affermavo in maniera solenne: questa sera ore 22,30 io ci sono e puntuale. Oppure, arrivo alle 19,00 puntuale per la cena. Ed erano dichiarazioni solenni, forti, da uno che la sapeva lunga delle questioni della vita. lui mi guardava e poi diceva: speriamo. E così succedeva che le 22.00 diventavano le 22,15 e oltre e così lui ritardava il momento per essere messo a letto. E le 19 della cena a volte erano le 19, 15 e oltre. Insomma, la mia solenne decisione di essere puntuale naufragava quasi sempre. Don Roberto, tranne in poche occasioni, non si scomponeva mai e mi ripeteva queste parole: la conosci la storia del piccolo principe, e del suo incontro con la volpe? E io: ma certo e lui, e allora cerca di fare come il piccolo principe. Ed eccole le parole in questione tratte dal libro il piccolo principe che parlano dell’incontro tra la volpe e il piccolo principe: Il piccolo principe ritornò l’indomani. ” Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora”, disse la volpe. ” Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi, alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti”. A che ora preparo il mio cuore se non so mai a che ora arrivi e alla fine mi agito perché non arrivi puntuale. La parola che dice tale questione, e che riassume tutto il resto è semplice: cura, mi prendo cura. Don Roberto mi ha insegnato che il perdermi cura dell’altro non è facoltativo, ma è un rito, una presenza, è presenza che sai quando arriva e non indeterminatezza di tempi e poi anche di modi. Ne parleremo ancora.. certo don Roberto mi ha fatto diventare grande.
Grazie sempre Don Sandro per le tue parole. In particolare quando ricordi don Roberto il mio cuore si emoziona e si commuove .
Grazie. Ricordare don Roberto é sempre una gioia, ma soprattutto un richiamo a vivere la proprio realta’ esestenziale in pienezza, in omaggio alla volonta’ di Dio e con tanto Amore.