coda

di | 6 Luglio 2020

Ieri sono stato a Mezzoldo per celebrare la santa messa in ricordo di alcuni amici che ci hanno lasciato in montagna. Una bellissima giornata in amicizia. Ringrazio tutti coloro che erano presenti. Una cosa mi ha colpito sia nel salire che nello scendere. La coda di macchine. E l’infinita quantità di gente che saliva per le montagne. I centauri in moto. Gli autisti con la famiglia, i solitari come me, i gruppi di giovani. Gli intrepidi della bicicletta. Salire a Mezzoldo in bici non è uno scherzo. E così si forma la coda. I soliti tratti Zogno, San Giovanni Bianco e nel ritorno i ponti di Sedrina. Io che sono partito presto per rientrare, già alle 15 vedevo la fila allungarsi verso Bergamo. Così come nel salire la coda andava su, su verso l’Alta Valle Brembana. Ci siamo abituati da anni. Funziona così. In questi  giorni sono alla ribalda le code sulle strade della liguria, causate da lavori di manutenzione. Tutti vogliono la manutenzione come è giusto che sia, ma non nel giorno in cui passo io altrimenti mi arrabbio.  La coda fa parte del panorama e della domenica. Tra l’altro per me è stata la prima uscita fuori programma, cioè fuori dai soliti percorsi che faccio tra Bergamo, Rosciano e Berbenno. Devo dire che non sono ancora pronto alle uscite domenicali. E forse non ne ho nemmeno il tempo e la voglia. Capisco la necessità di uscire, di muoversi, di andare dopo tutto quanto è successo e quindi non voglio fare la morale della coda domenicale. Certo tutto sta tornando come prima… ma la coda domenicale mi ha fatto ricordare una cosa che mi diceva don Roberto circa la coda. E quindi mi è come balenato questo pensiero. Ormai ci siamo abituati, dietro ogni fatto c’è un senso da scoprire e quindi anche sulla coda domenicale ecco il senso. Don Roberto non parlava della coda della domenica sulle strade, ma delle code dei gruppi che accompagnava in montagna. Mi diceva che quando andava con gli amici si metteva in fondo alla coda e aspettava gli ultimi. Sono sicuro che quando andava per vette con gli amici di vera montagna tirava come in matto davanti alla fila. Ma con i gruppi stava in fondo e aspettava. Aspettava gli ultimi. Io credo che simbolicamente il mondo di oggi e la storia del coronavirus ci ha messi tutti in fila, in coda. Davanti gli intrepidi e i ricchi, magari più ricchi sono più avanti sono. Poi in mezzo a questa fila, la gente comune come noi che si barcamena ogni giorno per vivere. Ed infine in fondo alla coda i malati, i poveri, gli stati del mondo che non sanno come venire a capo della loro povertà. Certo, i primi intrepidi e ricchi non aspettano gli ultimi della fila. La frase tipica di chi è avanti e non aspetta è: aiutiamoli a casa loro, io aggiungo senza rinunciare ai nostri privilegi che fanno la povertà di tanti, degli ultimi della coda. Chi è oggi l’uomo che vive l’umano? chi è il vero volontario? Quale è il volto della chiesa che vorrei vedere ( e che in parte vedo anche…) è l’uomo che è in fondo alla fila e sta con gli ultimi, è il volontario che sta con chi ha meno mezzi per correre la corsa sfrenata del mondo. È l’insegnante che aspetta chi è più affaticato. È la chiesa che non fa per gli ultimi della fila, ma che sta con gli ultimi della fila. Come Gesù che si è messo in coda con tutti i peccatori al fiume Giordano per ricevere il battesimo e che ha deciso di abbassarsi fino al punto più basso della storia. Una coda domenicale che mi fa arrabbiare. Una coda nella vita che mi fa gioire quando sto con gli ultimi.

2 pensieri su “coda

  1. Miriam

    Condivido la riflessione … una società senza code di “classe” e “per strada” è ancora un’utopia.

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  2. sr Alida

    Rimanere in coda con gli ultimi ,ci da tempo e gusto per riflettere ,per ritrovare il nostro cuore ….il nostro servire

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