Continuo per qualche giorno con lettere dedicate ad amici che hanno segnato la mia vita. E allora ecco la lettera a fratel Carlo de Foucauld.
Carissimo fratel Carlo, ero in seminario giovane teologo e il mio buon padre spirituale mi rifila un libro per la meditazione di cui non ricordo il titolo. Lo guardo per un attimo e poi decido di lasciarlo lì e di leggere altro. Avevo infatti trovato in biblioteca una edizione degli scritti di Charles de Foucauld e mi avventai su quel libro. È così che sono venuto a conoscenza di te Fratel Carlo. Il tutto attraverso un atto di disobbedienza al mio buon padre spirituale. Imparando a conoscerti in questi lunghissimi anni della mia vita ho scoperto che anche tu ti sei barcamenato mica male tra l’obbedienza al tuo padre spirituale, P. Huvelin e il desiderio di fare di testa tua. È stata una lunga frequentazione quella tra me e te, fino al viaggio in Algeria sulle tue orme nel deserto dell’Hoggar di Tassil con i tuareg. Tamarasset, Assekrem, Hoggar, Hoggar di Tassil mi è mancato solo beni abbes. Penso di aver letto tutto quello che ho trovato su di te con avidità; forse i due miglior libri che ho trovato che parlano di te sono: solo con Dio, insieme con i fratelli, e l’oblio di sé. Sono stato non so quante volte a Spello dove vi era una fraternità di piccoli fratelli e lì ho incontrato prima Carlo Carretto e poi p. Giuseppe Morotti. E lì, sono stato quasi sul punto di lasciare la diocesi di Bergamo per entrare nei piccoli fratelli, questo ordine religioso che tu hai desiderato ma che non hai visto nascere, perché ti hanno ucciso a Tamarasset un giorno con una fucilata. Nei vari spostamenti della mia vita tengo sempre vicino a me due libri, oltre alla scrittura sacra: i tuoi scritti e il libro di R. Voilloume, Come loro. Perché questa ostinata ossessione di te caro Fratel Carlo? Perché io mi sento come te: anima perennemente in ricerca di Dio e di me stesso. Anima solitaria, non nel senso di solitudine, ma di vita eremitica, ma anima perennemente bisognosa di altri e di poveri da amare. E tu sei così. Io mi rispecchio profondamente nella tua vita. Tranne che in una cosa: nella tua santità. Per questo ci sentiamo un’altra volta fratel Carlo. Amo la tua vita di preghiera, di lavoro manuale di vicinanza ai poveri. Amo il tuo desiderio di deserto, e insieme la tua passione per gli uomini. Ogni tanto sogno di aprire una fraternità e mi rendo conto che anche in quello io ti assomiglio. Di te amo la preghiera del cuore, quelle ore passate davanti all’amato del cuore che è Gesù, salvo poi alzarti quando un povero, un bambino, una mamma, un soldato bussava alla tua porta. Di te amo la fede viva, la speranza umile e la carità forte. Amo tutte queste cose di te e vorrei essere un piccolo fratello per vivere di questo ideale. Tu non sai quanto ci penso. E allora tu mi dici: vieni che cosa aspetti. E io ti rispondo: sai vorrei realizzare tutte queste cose qui nella mia diocesi, nella mia città. Il lavoro manuale non mi manca, la sacra scrittura un poco la frequento, la preghiera del cuore lasciamo perdere. Io so che cosa è alla fine, la mancanza di coraggio di lasciare tutto, che sia qui a Bergamo o non so dove in qualche angolo del deserto, io rimangono ancorato a me se stesso. Quindi la tua figura mi affascina ancora di più: dammi il coraggio di abbandonare la mia vita nelle mani di Dio Padre. e dammi il coraggio di fare sempre la volontà di Dio Padre. permettimi di frequentarti sempre attraverso le tua parole, che sono parole di amore forte per me. Non sorridere se continuerò a sentirmi un po’ piccolo fratello o meglio come dicevi tu, piccolo fratello universale, anche se io non entrerò mai tra i piccoli fratelli. Caro fratel Carlo sostieni il mio sogno ogni giorno perché da solo io non ci riesco. Il sogno di essere solo con Dio e insieme ai fratelli.
Bellissimo questo confronto con la santità degli altri. Ciascuno è una manifestazione della santità di Dio. Poi ognuno fa il suo cammino. Ma non si sente solo.