Insisto su questa questione di un dono sommesso che oggi voglio declinare in un altro modo, ma che forse non è molto lontano da quanto scritto ieri. Noi troppe volte, me compreso, ci facciamo prendere dalla lusinga di chi attira con la forza della parola e non del dono di sé, di chi ci affascina perché promette e illude e non invece accudisce le nostre vite nel momento del dolore e della fatica. Stranamente in questi momenti l’affabulatore di turno sparisce, non si vede, perde tutto il suo fascino e non si trova più. Il contrario di questa non virtù è la beatitudine di chi è mite. Beati i miti. Traduco con mansuetudine. Chi era il mansueto nella parola sacra? Questa parola ha a che fare con le mani, non mani che afferrano. La parola rimanda alla docilità con la quale gli agnelli si lasciano passare la mano sul dorso di chi si prende cura di loro, del buon pastore e in questo lasciar passare la mano riconoscono che c’è una mano amorevole che soccorre le ferite. Se questa mano è così carica di mansuetudine e tenerezza io posso anche lasciarmi trasformare da questa mano. Mansueto è colui che docilmente si lascia trasformare da una mano amica. Troppe volte non mi lascio trasformare da mani amiche, mansuete, inseguo invece mani che in apparenza regalano gioia e poi lasciano l’amaro in bocca. Il mite, mansueto sa accedere ad un dono sommesso che con delicatezza lavora cuore e mente senza soggiogare e senza illusioni. Per riconoscere il mite e il mansueto devo guardarli nel momento della malattia e della fatica. E qui non posso non ricordare ancora don Roberto che lentamente si lasciava disporre docile come agnello per fare in modo che la mano di chi lo accudiva potesse fare il suo lavoro. un cammino lungo sfociato nel finale di un abbandono totale a Dio che ha modellato la sua vita. Io non ho il coraggio di lasciarmi fare, costruire edificare da mani dolci e tenere. Io in genere dichiaro che ci penso e poi faccio e agisco. Il mite non è il passivo di fronte al male, il mite mette in atto un lavoro continuo di lasciare che il dono sommesso di una mano amica e non illusoria venga in soccorso della mia fatica, della mia vita. don Roberto sono sicuro che aveva trovato doni sommessi di mani amiche, ma aveva anche costruito giorno dopo giorno la mansuetudine di chi si abbandona a Dio e agli amici. Una reciprocità non illusoria, ma umana e vera.