Conosco, o forse tutti conosciamo un modo di contare il tempo che è quello del calendario, quello del giorno dopo giorno, delle caselle riempite di cose da fare. Cronologico deriva da Kronos e mi rimanda al mito di Kronos. Lui era un invincibile Titano, lui che mano a mano che i suoi figli nascevano, li divorava senza alcuna pietà, perché un oracolo gli aveva predetto che uno dei suoi figli lo avrebbe spodestato dal suo trono, finchè il figlio Zeus, aiutato dalla madre sfuggì a quel triste destino e prese il posto di suo padre Kronos. Il tempo cronologico, il Kronos appunto è il tempo scandito dagli appuntamenti, è il tempo del fare. Kronos è terribile perché ci fa vivere sempre come con l’acceleratore tirato al massimo, perché ci accorcia il tempo dell’incontro, perché si mangia pezzi di relazioni. l’ho già scritto ieri come in questo tempo di Natale vivo un tempo di solitario, o meglio di solitudine in compagnia di mille volti. Mi sono imposto questo tempo speciale ed invece sono riuscito a riempirlo di mille cose da fare. Noi viviamo come sotto il dominio di questo tempo cronologico, sotto il dominio di Kronos. Quel tempo che ci conta le ore, i giorni, le cose da fare, quel tempo che si mangia, come nel mito greco, non i figli, ma sicuramente il tempo per stare con i figli e con gli amici. Siamo dentro questo rincorrere il tempo, e non abbiamo mai tempo. Forse il tempo di natale mi ha aiutato a ritrovare un’altra dimensione del tempo, o meglio ad integrare la corsa del tempo cronologico, con un altro modo di contare il tempo. (non lo dico adesso quale è l’altro tempo, lo lascio per domani) e così appunto, come dicevo ieri posso anche ascoltare il mio cuore e ascoltare la Parola con più attenzione e gli altri con più calma. Certo rimane il timore che, se rallento la corsa di un tempo cronologico che si mangia le buone relazioni, non ho più niente da fare. infatti succede che, se mi fermo, devo pensare a qualcosa da fare subito. E così mi sono inventato di fare il sugo per tutta la settimana che verrà. Mi è uscito buono. Ma era poi così necessario perdere l’occasione di quel tempo vuoto che mi ero come prefissato di custodire nel mio cuore? Mi dico faccio il sugo e tanto cuoce da solo. Illusione effimera di chi sa che se non gli stai dietro il sugo brucia. Questa idea del riempire il tempo non è paura di rimanere solo con me stesso. Non è l’incapacità di stare fermo. È come se dicessi a me stesso e adesso cosa faccio? Devo lavorare, incontrare, magari anche giocare a carte con un amico, giocare con il gatto. Non riesco a concepire un tempo fermo, di silenzio interiore. Questa società ci ha così costretti ad andare di corsa che sta roba qui ci è come entrata nel dna. E adesso cosa faccio? E dopo cosa faccio? E domani? Per fortuna che esiste anche un altro modo di integrare questo tempo cronologico.