Ragionavo di comunità con amici, in particolare i riferimenti erano due. Uno legato alle famose torri di Zingonia e al portierato sociale che si cerca di fare con quella gente. L’altro di esperienza di ascolto, di valori e di programmazione dentro una comunità parrocchiale attraverso un’esperienza che, come ufficio mediazione e di giustizia riparativa dal titolo cerchi di parole stiamo proponendo per aiutarci a rileggere il tempo del covid e intravedere scenari futuri. Sono due esperienze completamente opposte, da una parte le torri di Zingonia con tutte le loro problematiche sociali e non solo e dall’altra parte la parrocchia alle prese con un passato che secondo me non c’è più e un futuro tutto da inventare. Eppure un filo rosso ha accompagnato e legato i due incontri. È come se avessi ritrovato un qualcosa di comune in senso negativo e in senso positivo nelle due esperienze così diverse ma così desiderose di fare comunità che mi è capitato di vivere. Oggi vorrei sottolineare l’aspetto negativo. Domani quello positivo. Tra l’altro non so se quello che sto per scrivere è veramente un aspetto negativo, oppure se invece si tratta di altro, legato ad una parola che sto per scrivere: la fatica di reggere la comunità e di sognare la speranza del futuro. questa cosa non è negativa, è piuttosto un sentimento, un movimento che in molti sentono nascere nel cuore e che poi si traduce nella mente e diventa azione. Pensare e fare il futuro alle torri di Zingonia è esperienza del cuore molto faticosa (tra l’altro dopo l’incontro di ieri mi è quasi venuta la tentazione di provare a fare qualcosa per quel posto, ma è meglio che mi getti subito alle spalle questa tentazione). Pensare e fare una nuova identità di parrocchia è altrettanto faticoso. Perché questa fatica? Credo per due motivi, tra i tanti che ci possono essere. Il primo è la paura di entrare in un nuovo mondo. Il nuovo mondo fa paura, quindi aggiustiamo il vecchio e andiamo avanti dicendo che è nuovo. Mi risulta che Cristoforo Colombo ha bussato alle porte di metà delle corti europee prima di trovare Isabella di Castiglia che ha sponsorizzato l’assurda idea di Colombo. Nell’assurdità di quel viaggio, lui ha cercato il nuovo. A proposito, Guccini in una sua canzone direbbe: E mentre sciami assordanti d’aerei circondano di ragnatele. Quell’inutile America amara leva l’ancora e alza le vele E naviga, naviga via Più lontano possibile da quell’assordante bugia. si forse Cristoforo Colombo oggi si troverebbe un po’ in difficoltà a decifrare il mondo nuovo che aveva scoperto. Ma questo un altro problema. La paura ci impedisce di muoverci verso il futuro e allora facciamo grandi fatiche, grandi acrobazie per tenere insieme tutto, il vecchio e il nuovo, perché in ogni caso devono stare insieme. E poi non c’è soltanto la paura che genera fatica, ma anche la fatica di pensare insieme, di ascoltarci insieme. Noi vogliamo decisioni veloci, uomini decisionisti. Poi ci lamentiamo perché non ci ascoltano a sufficienza. Questo è il tempo bello non delle azioni, ma delle riflessioni, degli ascolti reciproci, della narrazione della vita che genera il futuro nuovo. Ma ci sembra di perdere tempo a fare queste robe qua. E allora diamo un’ aggiustata a orari e calendari e poi voi. Vorrei un consiglio pastorale, un gruppo di educatori che vive l’ordinarietà, ma che si regala del tempo per narrarsi, magari dentro l’esperienza bellissima dei cerchi di parola. Domani racconterò la positività del tempo e della sfida che abbiamo davanti
Le fatiche di comunità sono le fatiche della persona. Chi si pone come centro…che aspetta. E chi si pone come uno che si protende verso gli altri.