Come prima cosa un grande augurio a chi riprende in questi giorni la scuola, anche solo per le riunioni. Speriamo che si possa iniziare nel migliore dei modi. Torniamo alla nostra non violenza. Mi rendo conto che quando lavoro nell’orto esistono le questioni di senso, che consistono anche solo nel decidere se fare un orto naturale, chimico, biologico, con la permacultura e via dicendo. Una volta deciso l’orientamento tutte le questioni diventano pratiche. La questione vera è come mettere in atto il senso e l’orientamento che vogliamo dare al nostro lavoro, altrimenti si scrivono progetti sulla carta, ma che non si sporcano le mani con la terra. Penso che questo principio valga anche per la non violenza. Una volta colto il senso e la profezia, una volta trovato l’orientamento, dobbiamo dare forma concreta alla scelta messa in atto. La non violenza è un senso che non rimane scritto solo sulla carta, ma è l’atto che mi aiuta a comprendere come renderlo attuale. Mi sono sempre piaciuti quasi tutti i documenti della chiesa, molto profondi e articolati, ma il più delle volte davano il senso senza trovare attuazione concreta. È vero che non era quello lo scopo per cui erano scritti, ma se avessero trovato un terreno fertile nelle comunità, forse oggi avremmo messo in atto anche solo una parte degli scritti bellissimi che abbiamo avuto tra le mani in questi anni. La non violenza non è allora, solo una profezia che chiede di astenersi da ogni forma di violenza. Se essa vuole proporsi come l’alternativa alla violenza deve essere altrettanto efficace nei suoi metodi e nelle sue azioni come la guerra. La non violenza è scegliere un atteggiamento positivo, di incontro di relazione con l’altro. E per questo motivo una persona deve conoscere ed esercitare l’arte di come entrare in una relazione non violenta con l’altro. «La nonviolenza – ha scritto Gandhi – appare nella sua vera e più profonda natura quando viene opposta alla violenza»; chi fa azione non violenta non si pone solo dei problemi teorici, ma pratici. Nell’azione non violenta ci sono 4 cardini che vanno tenuti insieme in ogni azione e in ogni gesto: la qualità dei mezzi che devono essere non violenti, non posso portare la pace per es. usando come strumento la guerra; le forme dell’azione, la forma che prende il mio agire deve essere orientata alla pace; la qualità finale del risultato che ottengo non può esistere una tregua che alla fine soddisfa il più forte e schiaccia il più debole e per finire il fine per cui faccio tutto questo, perché cerco la pace? possiamo provare ad applicare questi 4 cardini anche a tutte le relazioni umane: provo ad applicare i 4 cardini ad un tema come quello della presenza nella scuola con un atteggiamento non violento. Il fine: perché ci sono nella scuola? Perché deve riprendere nei migliori dei modi? In questo senso la scuola soprattutto di questi tempi va sottratta a tutti i fini politici e di interesse che non sono i ragazzi. la forma dell’azione: le relazioni con gli inseganti, con i ragazzi e con i genitori devono avere il sapore di un patto educativo serio, questa è la forma dell’azione nella scuola oggi. La qualità dei mezzi: credo che qui abbiamo tutto da imparare dalla mediazione, dall’azione non violenta, dalla capacità di costruire percorsi capaci non tanto di punire o di meritare, quanto di riparazione, di mediare , di dialogare, di accompagnare. La qualità finale del risultato. Secondo me nella scuola il fine ultimo non è prima di tutto il risultato finale di promozione o bocciatura, ma quello di aver accompagnato dei ragazzi alla maturità della vita, insegnando non l’arte del farsi da sé, ma della relazione buona con il mondo e con l’altro, con il diverso. Ecco perché bisogna allenarsi alla non violenza, perché, anche se siamo in pochi a credere a tutto questo, dobbiamo avere forza, contenuti e idee per sostenere questo percorso, in una scuola che sembra dire altro.