Questa questione della sofferenza è così immensa e così densa di senso che non bastano 10 righe di commento e allora ecco la continuazione. Questa volta ci viene in aiuto Marc Chagall che ha dipinto un suo Giobbe, nel suo stile e con una attenzione tutta sua. Il quadro è del 1975. Chagall concentra la sua attenzione sulla figura dolente dell’uomo; con lo sguardo chino, praticamente nudo e con la mano destra sul petto, Giobbe è la figura che incarna il dolore, forse è il dolore del popolo ebraico. La figura dolente di Giobbe è circondata dal popolo, composto in prevalenza da figure femminili che portano in braccio i loro figli e da uomini che recano in dono animali sacrificali. Forse in questo gruppo di figure femminili con i loro figli è raffigurato il dolore di tutte le madri del mondo. È un dolore universale. I colori sono cupi e forse stanno ad indicare la drammaticità del dolore. Forse della guerra? Vi è però un angelo che spezza il clima teso, forse segno di speranza e di redenzione. Esiste un dolore universale, esiste un dolore di madre, esiste un dolore nato dalla violenza. Si il dolore è anche questo. Il Giobbe di Chagall lo rappresenta tutto, tutto il dolore del mondo. Ma la domanda di Giobbe sul dolore universale è del tipo: perché il dolore sembra attanagliare sempre i più deboli. Giobbe vuole rompere con la concezione del tempo che diceva che il bene è sempre premiato e il male punito. Per Giobbe questa concezione forse era solo un colossale imbroglio di Dio. O forse un modo troppo superficiale di rispondere al problema del male universale. Giobbe contesta il principio di retribuzione, al bene corrisponde retribuzione e benedizione al male castigo e dolore. Contesta questa cosa di fronte a Dio e agli amici. Giobbe cerca un’altra soluzione Guardando il quadro di Chagall mi sembra di intravvedere un’altra strada. Chagall costata che il dolore c’è. Il quadro non cerca colpevoli, cerca solo di descrive il dolore universale. Quasi a dichiarare l’impotenza di spiegare il male innocente e il male provocato dall’uomo. Forse non dobbiamo spiegare il male, forse dobbiamo eliminare il male; forse non dobbiamo spiegare la sofferenza, forse dobbiamo curare la sofferenza. Dal quadro di Chagall mi arriva questo ritorno: cerca di essere un angelo dal vestito azzurro che scende sul dolore di Giobbe e sul dolore del mondo. Proprio adesso un’amica mi scrive: ho molta paura di star mettendo sempre in croce il mio star bene per assurde ragioni. Dall’altra parte se c’è una cosa che mi spaventa nel mondo occidentale è questo imperativo di dover sempre stare bene e rimuovere il dolore. Ma siamo liberi? Sono libera? Chi scrive ha lavorato in terapia intensiva durante il covid. Un dolore che interpella tutto il mondo, come il quadro di chagall. non so quale libertà siamo chiamati a vivere ma il Giobbe di Chagall mi aiuta a comprendere che più il dolore lo si nasconde più riappare nella sua forza, più si diventa angeli verso chi soffre, più il dolore assume contorni umani.