vado a concludere

di | 21 Agosto 2023

Vado a chiudere queste strane riflessioni sul messia. La parola sacra indica un punto preciso in cui il popolo inizia a formulare l’idea del messia, anzi più che un messia, di un salvatore che porta il popolo israelitico nella terra promessa da sempre, la terra promessa appunto. Quel punto particolare è la festa di pasqua che è il ricordo dalla liberazione dalla schiavitù dall’ Egitto. Serve un uomo, Mosè che guida il popolo fino al mare dei giunchi e poi nel deserto. Ma serve un Dio, il Signore lento all’ira e grande nell’amore che accompagna quel popolo. E così abbiamo il realizzarsi di una promessa cercata e attesa dall’uomo e costruita grazie ad un liberatore che non è uomo, ma addirittura Dio. Un popolo intero si stacca dal paese più prospero di allora e dalla condizione servile a cui era tenuto sottomesso. Così nasce il messia liberatore. Sogno di libertà, ma quella libertà conquistata nella notte di pasqua e nell’attraversamento del mare dei giungi va incontro al deserto. La libertà non è una vacanza, ma un viaggio nel deserto inospitale. La severità del clima, la trasformazione degli uomini e donne da residenti in una terra di schiavitù a nomadi del deserto, il razionamento: più volte si manifesta in quel popolo la spinta a tornare indietro, all’assistita servitù d’Egitto, al “si stava meglio quando si stava peggio”. La libertà può stancare, spaventare fino alla rinuncia. E allora quando la libertà stanca, si vuole tornare alla schiavitù. La libertà e la liberazione portata dal messia può stancare, spaventare fino alla rinuncia, fino al ritorno indietro, fino a desiderare l’uomo forte che fa sobbalzare l’anelito di libertà come viaggio nel deserto. Pasqua, passaggio, transito, è la condizione di ogni democrazia che quando è stanca può tornare a regime totalitario. Le democrazie possono abdicare, come può abdicare il sogno della libertà. Le democrazie attraversano i deserti della storia, non stanno nei ristoranti a discutere e mangiare del granchio azzurro. Questa è la mia grande paura: il ritorno alla sottomissione e non al viaggio nel deserto, perché una volta si stava meglio.

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