
Non sono un esperto di spiritualità e nemmeno mi sento uno che ha una grande spiritualità. Ma so che questa parola è fondamentale per me e allora ci provo ogni giorno a vivere un cammino di spiritualità. Sono abbastanza convinto, come già scrivevo ieri, che la spiritualità è la premessa per vivere il sacro e la religiosità. Una ragazza in una scuola durante un momento di mediazione esclama: ma questo è un momento sacro! Non c’era bisogno di essere in chiesa, bastava un’aula di scuola con tutti i ragazzi in cerchio che si ascoltavano per rendere sacro quel momento. Non c’era un rito codificato che andava rispettato nei minimi particolari, c’era solo una parola, uno sguardo, un sentire con il cuore. in quell’aula di scuola non era necessario evocare il nome di Dio, dichiarando che tutto era fatto nel suo nome, è risultata fondamentale invece la possibilità di avvicinare il proprio cuore alle ferite e al mondo dell’altro e, secondo me, senza evocarlo, Dio era bene presente. Forse dobbiamo incominciare a decodificare e desacralizzare la religiosità. Forse l’atteggiamento vero che permette di diventare esseri spirituali è la capacità di guardare e di ascoltare. il tutto ridotto al semplice, all’essenziale; il tutto dentro un contesto di autenticità. Questa per me è la spiritualità. Aggiungo un pezzetto: la spiritualità è un cammino, un itinerario, un pellegrinaggio che ha come scopo l’incontro con il profondo del mio cuore. e l’identità cristiana dentro questo cammino? Sinceramente non sono molto preoccupato di un’identità cristiana. Sono preoccupato invece di riscoprire un’identità spirituale.