Famiglie affaticate, ragazzi che non sanno come muoversi. Io stesso che perdo l’orientamento, che faccio fatica a decidere. E tu Geremia ci lasci una grande lezione. La lezione del tenerci per mano. Se in un gruppo di famiglie una o più sono in difficoltà serve che almeno una, che magari in quel momento è meno affaticata, prenda per mano le altre. Tu, Geremia ci insegni che solo quando la città santa è stata unita e i più forti hanno tenuto per mano i più deboli, proprio la città si è salvata. Tenere per mano senza schiacciare, senza dominare, tenere per mano come si tiene per mano la fidanzata o il marito, o la moglie. Tenere per mano e basta. Serve che il forte faccia alleanza con il debole e allora forse si può arrivare a salvezza. In questo tempo chiedo di essere tenuto per mano e magari domani sarò io che prenderò per mano altri. Geremia ci insegna che se nella città assediata almeno uno resiste e prende per mano tutti gli altri la città si salva. Forse la vera infedeltà di cui tu parli Geremia è l’infedeltà di chi è forte, ma pensa a se stesso e molla la presa di chi è debole. Questo tu ci insegni per ritrovare fiducia: chi di noi in questo momento è forte prenda per mano chi è debole. Io sono debole, provo a prendere per mano, ma faccio una grande fatica a sostenermi e a sostenere. Chi è forte oggi si faccia avanti e diventi prossimo del debole. Il tutto in una logica di aiuto vicendevole, di buona fraternità. Forse ho sbagliato a scrivere il più forte prenda per mano il più debole, forse tu Geremia avresti scritto così: chi in questo tempo riesce a rimanere forte nel patto, nell’alleanza, chi riesce ad essere fedele alla terra e all’uomo, prenda per mano chi è debole in questo genere di fedeltà. Che bello pensare che io il debole nella fedeltà posso essere salvato da chi è forte nella fedeltà. Le tua parole erano un grido che risuonavano nella città assediata; le mi parole sono un invocazione di aiuto.