sabato 4 luglio

di | 3 Luglio 2015

home2Esodo 12, 43 – 51

43 Il Signore disse a Mosè e ad Aronne: «Questo è il rito della pasqua: nessun straniero ne deve mangiare.44 Quanto a ogni schiavo acquistato con denaro, lo circonciderai e allora ne potrà mangiare. 45 L’avventizio e il mercenario non ne mangeranno. 46 In una sola casa si mangerà: non ne porterai la carne fuori di casa; non ne spezzerete alcun osso. 47 Tutta la comunità d’Israele la celebrerà. 48 Se un forestiero è domiciliato presso di te e vuol celebrare la pasqua del Signore, sia circonciso ogni suo maschio: allora si accosterà per celebrarla e sarà come un nativo del paese. Ma nessun non circonciso ne deve mangiare. 49 Vi sarà una sola legge per il nativo e per il forestiero, che è domiciliato in mezzo a voi». 50 Tutti gli Israeliti fecero così; come il Signore aveva ordinato a Mosè e ad Aronne, in tal modo operarono. 51 Proprio in quel giorno il Signore fece uscire gli Israeliti dal paese d’Egitto, ordinati secondo le loro schiere.

commento

in questo testo si va delineando il rito della pasqua, che verrà poi lentamente codificato in quella maniera che ha conosciuto e celebrato Gesù. vorrei soffermarmi su alcune considerazioni circa il rito. è vero che è codificato,  ritualizzato dentro un preciso schema, ma possiamo anche dire che il rito conserva una sua libertà di cambiamento. Il rischio è proprio quello di renderlo troppo codificato, in questo caso il rito non narra più l’evento che si vuole celebrare. il secondo rischio è quello di rendere il rito una semplice tradizione immobile e incapace di parlare all’uomo. qui non si tratta di essere moderni, ma di far parlare un segno, di renderlo vivo…. al riguardo mi chiedo il senso di fare nella settimana santa la rievocazione della cena ebraica.  mi vengono in soccorso le parole del testo di oggi, in particolare la parola straniero ci aiuta a comprendere meglio quello che voglio dire. Per dire “straniero” ci sono termini diversi in ebraico: quello usato al v.43 ha spesso un senso negativo, di estraneità da cui difendersi. Il termine usato invece ai vv.48-49 indica una situazione di minorità che merita attenzione positiva agli occhi di Dio, e che diventa legge per i figli di Israele che essi pure sono stati “stranieri” in Egitto. in tutta la Scrittura vi è questo intreccio tra particolarità e universalità, tra rigore di appartenenza e destinazione universale. Per partecipare al rito serve una nota di stabilità e di appartenenza. Chi è ospite passeggero o lavoratore stipendiato non si può considerare di famiglia. Diversamente chi è parte della casa come servo, può diventarlo come fratello, figlio dello stesso popolo. la pasqua ebraica conferma il suo volto famigliare, intimo,che assegna una nota di famigliarità alla comunione stessa tra Dio e il suo popolo. che senso ha celebrare un rito come quello della pasqua ebraica che non ci è familiare? non conveniene che impariamo a valorizzare al meglio il rito della pasqua cristiana rendendolo famigliare ad ogni credente?

preghiamo

preghiamo perchè nelle nostre chiese i riti possano raccontare l’amore di Dio per l’uomo.

dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».

Un pensiero su “sabato 4 luglio

  1. suor Rita

    L’Esodo è il racconto di un popolo che “si costruisce” sotto la guida di Dio. Anche nel brano di oggi vediamo un pezzo di questa costruzione. Dio dà istruzione su come celebrare la Pasqua, ma anche come vivere le relazioni con i forestieri, con gli schiavi. Il rito della circoncisione indica la via dell’appartenenza. O si è ebrei o lo si può diventare accogliendo l’usanza di segnare la propria carne, appunto con la circoncisione. Penso non si tratti solo di assumere usanze incomprensibili, ma di modificare il proprio modo di vivere per accogliere lo stile altrui. Ogni cultura, ogni religione ha dei segni, dei riti che dicono “appartenenza” a un Dio e a un popolo. Quando gli ebrei hanno finito di compiere questo rito – si può dire, quando hanno accolto anche i forestieri, gli schiavi… – il Signore li ha liberati dall’Egitto. Preghiamo perché impariamo a vivere l’inclusione con rispetto e libertà di cuore. Il Signore compirà anche in noi la sua liberazione.

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