Giobbe 21,15-34
[15]Chi è l’Onnipotente, perché dobbiamo servirlo?
E che ci giova pregarlo?».
[16]Non hanno forse in mano il loro benessere?
Il consiglio degli empi non è lungi da lui?
[17]Quante volte si spegne la lucerna degli empi,
o la sventura piomba su di loro,
e infliggerà loro castighi con ira?
[18]Diventano essi come paglia di fronte al vento
o come pula in preda all’uragano?
[19]«Dio serba per i loro figli il suo castigo…».
Ma lo faccia pagare piuttosto a lui stesso e lo senta!
[20]Veda con i suoi occhi la sua rovina
e beva dell’ira dell’Onnipotente!
[21]Che cosa gli importa infatti della sua casa dopo di sé,
quando il numero dei suoi mesi è finito?
[22]S’insegna forse la scienza a Dio,
a lui che giudica gli esseri di lassù?
[23]Uno muore in piena salute,
tutto tranquillo e prospero;
[24]i suoi fianchi sono coperti di grasso
e il midollo delle sue ossa è ben nutrito.
[25]Un altro muore con l’amarezza in cuore
senza aver mai gustato il bene.
[26]Nella polvere giacciono insieme
e i vermi li ricoprono.
[27]Ecco, io conosco i vostri pensieri
e gli iniqui giudizi che fate contro di me!
[28]Infatti, voi dite: «Dov’è la casa del prepotente,
dove sono le tende degli empi?».
[29]Non avete interrogato quelli che viaggiano?
Non potete negare le loro prove,
[30]che nel giorno della sciagura è risparmiato il malvagio
e nel giorno dell’ira egli la scampa.
[31]Chi gli rimprovera in faccia la sua condotta
e di quel che ha fatto chi lo ripaga?
[32]Egli sarà portato al sepolcro,
sul suo tumulo si veglia
[33]e gli sono lievi le zolle della tomba.
Trae dietro di sé tutti gli uomini
e innanzi a sé una folla senza numero.
[34]Perché dunque mi consolate invano,
mentre delle vostre risposte non resta che inganno?
Commento
In questa seconda parte del discorso di Giobbe egli dopo aver invocato aiuto al cielo, alla terra, a Dio stesso e aver cercato pietà presso gli uomini, dopo aver inciso sulla roccia il suo dolore, Giobbe chiama in causa la vita reale, la storia. Non più storie, non più principi, non più ideali e valori, ma storie reali : non avete interrogato chi viaggia. Cioè non avete chiesto parere a chi ha conosciuto il mondo e la vita? È sulla terra di tutti che Giobbe trova le prove per mostrare che le teologie del suo tempo sono false. È la vita vera la base della non verità dei teoremi dei suoi amici. Occorre conoscerla, vederla, e imparare una religione e una teologia più vere. Ieri, oggi, sempre. In realtà a Giobbe interessa un’altra cosa: non gli interessa e non crede ad un Dio che premia i buoni e castiga i cattivi. Giobbe non vuole portarci a questa definizione e conclusione. Sarebbe un dio troppo banale, sarebbe solo un idolo, perché costruito a nostra immagine e somiglianza. Il mondo non è lasciato al caso, la Provvidenza deve essere all’opera, Giobbe non lo nega; ma ci invita a cercare registri diversi da quelli della teologia del suo tempo (e del nostro). Giobbe cerca un altro Dio, e lo cerca anche per difenderlo dalla verità della storia. Giobbe ci ricorda allora che chi crede in Dio e lo ama non deve raccontare teologie che non reggono di fronte all’evidenza storica. Giobbe chiede solo più silenzio, più mani sulla bocca, per lasciarsi stupire dalla verità della storia che non può essere contro la verità di Dio. Il suo è un appello a una religione che sappia dar conto delle gioie e dei dolori veri della gente reale. Il resto è solo vanità e falsa consolazione.
Preghiamo
Preghiamo per la chiesa possa ascoltare con umiltà le storie degli uomini.
Preghiamo per chi sta nel dolore senza giustificazione. Preghiamo per chi accosta queste persone. Preghiamo Dio che si riveli come Signore che ama anche se non cambia la realtà.
Di certo c’è una trama di Provvidenza a noi sconosciuta…..mi trovo invitata a tacere e pregare da Giobbe e da altre realtà faticose ,mi unisco alla preghiera perchè il nostro ascolto e quello della Chiesa rimanga sulle storie umane e cosi come possiamo rimaniamo vicini a chi più soffre .
Prego un po’ per i nostri silenzi, perché la vita ci possa insegnare con umiltà la gioia ed il dolore che attraversiamo.