A volte questo desiderio di incontro si traduce anche in una strana forma di un rendimento eccellente. Che cosa voglio dire? Pensiamo che un incontro tra due o più persone funziona se si arriva a un procedimento che in qualche modo fa crescere in forme di eccellenza l’amicizia stessa. Per forme di eccellenza intendo la capacità di intesa, la capacità di un gruppo di offrire il meglio, la capacità di un rendimento che dichiara tutta l’efficienza del sistema. Anche l’amicizia rischia di cadere in questa forma di rendimento eccellente. Mi merito quell’amicizia perché c’è un’eccellente intesa. Succede anche nella chiesa. La esprimo così: quasi una forza che si oppone a mostrare limiti e fatiche e che invece privilegia il mostrare la forza dinamica di una esperienza di comunità. Il rendimento eccellente vuole mascherare ogni limite e fragilità per dimostrare che si è credibili perché efficienti e forti. Siamo forti, sani, integri e determinati, sono gli altri che mostrano tutti i loro limiti. Forse il cuore della fede cristiana mostra un altro aspetto, un altro volto. È il volto di chi di fronte alle sue debolezze, sa di essere salvato, sa di essere graziato per un atto di donazione pura. Nulla infatti è più sbagliato di un atteggiamento che forza la realtà mostrando solo la propria forza e l’altrui debolezza e soprattutto pensare che mi salvo da solo, con le mie capacità e determinazione. Arrivo a pensare di essere efficiente e giusto e a pensare gli altri nelle loro fragilità. Ma questo ragionamento non vale forse anche per l’amicizia? Non è forse l’amicizia una camminata in cresta su una montagna dove si ammirano panorami bellissimi, ma con tutti i rischi di una camminata in cresta? Forse nell’amicizia come negli incontri e nelle esperienze di lavoro a volte fa bene mostrare il lato fragile, perché quel lato fragile aspetta salvezza. Perché tutto merita salvezza, soprattutto la fragilità umana.