Che strane queste due parole. Purezza e attenzione che trovano una traduzione nella prassi e nell’impegno attivo. Sono parole di Simone Weil che faccio mie e che cerco di inquadrare in un pensiero che non è certo all’altezza di quello di Simone Weil. Per attenzione intendo che le parole devono essere attente. Attenzione è la capacità di saper essere attento a parole e gesti. Ed io faccio fatica a stare attendo alle parole, non possono sempre uscire in libertà. Questa, per esempio, è una cosa che scrivo di frequente, ma che non riesco a mettere in atto nelle azioni quotidiane. Ne capisco il valore, ma di fronte alla realtà che accade a volte le parole mi escono con attenzione altre volte senza nessuna attenzione. Ha ragione la grande pensatrice: ci vuole molta attenzione nella ricerca della verità, nella espressione della verità, nella prassi della verità. Mi domando perché mi succede questo e non trovo grandi risposte. C’è poi l’altra parola purezza che si lega in maniera perfetta con attenzione. Che cosa intendo per purezza? Non so se era la stessa idea di Simone Weil, ma ci voglio provare. Credo che tale parola è la parola meno amata e meno capita dalla nostra civiltà; eppure senza questa parola non possiamo pensare ad una fraternità nuova, perché senza di essa noi vediamo solo le parti superficiali del mondo anche se questo mondo è capace di trasformare la semplice apparenza in profondità di vita attraverso ovviamente un inganno. Bisogna essere molto attenti per capire che cosa è purezza, profondità, rispetto a inganno e superficialità. Vedendo poco e male, perdiamo l’enorme bellezza nascosta in ciò che appare come parola contraria alla beatitudine dei puri. Beati i puri di cuore perché vedranno Dio. Nel Vangelo la purezza è strettamente legata al cuore e agli occhi: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio». Qui mi sembra di essere un po’ più attrezzato. Cioè mi sembra di esercitare quell’arte di andare in profondità delle cose, delle vicende, delle storie degli uomini. ma di questo ne parleremo ancora