Inizio una nuova settimana e siccome mi piace scandagliare l’umano nelle sue profondità, anche se lo faccio con estrema semplicità, provo a guardare alcuni tratti dell’uomo da un punto di vista particolare. Come uno scandaglio che scende nelle profondità del mare e raccoglie dei reperti per poi studiarli, oppure misura le profondità del fondo marino, anche a me, nella mia semplicità, piace scandagliare, portare in superficie e poi osservare reperti che stanno nel fondo del cuore e dell’umanità. Ma per scandagliare la profondità dell’umano e del cuore, non basta la ragione, anzi essa in questa operazione di profondità viene dopo. Essa interviene quando, una volta scandagliato il profondo, il reperto viene in superficie. Ma per arrivare al profondo serve ben altro. Una delle raccolte di poesie che amo di più è o Sensi miei di Turoldo. Si tratta di una raccolta di poesie che vanno dal 1948 al 1998 e che narrano la fede e la vita di Turoldo. Io in questa settimana non voglio utilizzare la ragione come scandaglio. essa infatti non arriva al profondo dell’umano e non porta in superficie reperti di vita per esaminarli, vorrei invece usare i 5 sensi che il Signore ci ha donato. Il tatto, l’odorato, il gusto, l’udito, la vista. O sensi miei che sapete guardare e scandagliare nel profondo venite in soccorso a questa mia semplice ricerca! scrive Turoldo in forma poetica: «Ragione si vendica della sua lucida magia / franando in macerie di sistemi / e dialettiche senza fine», e ancora: «Scienza dissacra natura / svelando il nulla dell’origine, / suo futuro è solo una potenza / che non sappiamo se di vita o di morte». Ragione e tecnica portano con sé il rischio di un potere illimitato. In questi mesi abbiamo sperimentato tutta la drammaticità e tutta la fragilità di un sistema costruito esclusivamente su ragione e tecnica. Parlando della poesia, Turoldo afferma che solo essa può vedere altro, può vedere oltre la ragione. Eccole queste bellissime parole poetiche «ma io continuo a cantare i tramonti», «ma io vedo la tenebra splendere / come il roveto sacro», «e il leone e l’agnello e il lupo / li ho visti conversare dolcemente / sulle macerie ammantate di verde» (cfr. Isaia 11,6), io sono la bellezza che vi salverà / l’inascoltata e profanata / e “inutile” bellezza. E ancora in modo più drammatico la denuncia di Turoldo è chiara: «voi non avete più nulla da dirvi, / neppure sui vostri amori: // le parole, coincidenze meccaniche, / e il vostro silenzio / è pura assenza di suoni», e così la bellezza della poesia può annunciare: «“Io sono” è il mio nome: / oltre il dubbio e la fede / oltre le stesse immagini / oltre ogni previsione, / sono la voce di cieli nuovi e di terre nuove. // E il silenzio / e il canto dentro il silenzio». Da qui, l’invocazione a mandare «Signore, ancora profeti, / uomini certi di Dio, / uomini dal cuore in fiamme. // E tu a parlare dai loro roveti / sulle macerie delle nostre parole, / dentro il deserto dei templi: / a dire ai poveri / di sperare ancora». È solo con la poesia che parla con i sensi del nostro corpo e di quel corpo che è il mondo che posso portare alla luce questa profezia di bellezza e di un mondo nuovo. Un viaggio di qualche giorno tra i sensi per amare di più questo mondo. Concludo questa introduzione con una citazione di un teologo di grandezza eccezionale. Si tratta di San Tommaso D’Aquino: “Nulla è nella mente che prima non sia stato nei sensi.”
Semplicemente bello.
Bello e profondo davvero ,grazie !