notturno

di | 20 Luglio 2020

Conosco i notturni di Chopin, non sono un grande intenditore, ma mi piace lasciarmi cullare da questa musica. Conosco la notte in cui cammino da solo in montagna. La meta preferita di queste camminate notturne è il canto alto. La paura più grande i cinghiali. Conosco la lunga notte di chi è malato, quella notte che non finisce mai e che tormenta il malato e chi lo assiste, perché non sai mai cosa fare. Conosco la notte dei cieli stellati. Ricordo quelli spettacolari di Bolivia al lago Titicaca che coi giovani si stava fuori al freddo per vedere le stelle cadenti. Conosco la notte delle veglie di preghiera che non finiscono mai e che cerchi di capire quando arriva l’aurora. Conosco un po’ meno la notte dei giovani, non frequento quel genere di notte; devo essere sincero, non è che mi dispiace perdere quelle notti giovanili. Le lascio tutte a loro. Ma la notte raccoglie nel mio cuore le mie paure, i miei sogni, tutto è raccolto nella notte. Soprattutto in quelle notti insonni. Lì i pensieri si attorcigliano su se stessi fino ad ingarbugliarsi. Siamo un po’ tutti viaggiatori della notte. Mi siedo sul mio muretto e guardo la notte. All’inizio è solo paura poi è come se un qualcosa mi vuole condurre non so bene dove. La notte semplifica tutto o complica tutto. Semplifica perché ci riduce all’essenziale, complica perché non vedi niente. Quel luogo notturno dove arrivo nelle mie peregrinazioni è senza complicazioni, in quel luogo dove vago la notte le complicazioni si appianano, si addolciscono, diventano dolci pensieri. La complicazione genera disordine, genera caos e noi abbiamo creato il caos complicandoci la vita. e dove c’è caos c’è anche sofferenza. Mi sono chiesto tante volte come poteva il buon don Roberto essere così solido e ricco di sorriso dentro la sua malattia. Forse la risposta sta nel fatto che aveva semplificato al massimo tutto del suo esistere e la notte era il tempo del viaggiare in montagna con gli amici, della preghiera, e anche della paura. Il primo pensiero “notturno” è proprio questo non complicarmi la vita, non portarla sempre ad un livello di caos che genera solo fatica. Questa semplificazione non è la libertà dei giovani che vogliono essere liberi da ogni vincolo e poi vai a vedere si fanno mille storie per tutto e per tutti. Questa semplificazione è esistere vivendo, pregando, amando, lavorando. L’esistenza di tanti uomini e donne che conosco è un modo di vivere che mi piace, che piace agli uomini, che piace a Dio. La notte mi ricorda di questi uomini e di queste donne serene e umane e sento la notturna nostalgia di essere un po’ così anche io. Sto pensando al Brasile, alla Bolivia e al caos in cui sono finiti. Eppure la notte mi vengono in mente i volti di Sr Rita, di sr Giusy, di d. Antonio, di don G. Luca che vivono con la fatica nel cuore, ma con un volto sereno. Si la notte li immagino così, affaticati ma radiosi in volto. È la notte che mi permette di vedere queste uniche bellezze della vita, il giorno mi vede troppo preso in mille cose. La notte ricompone i pensieri. Vorrei raccontarvi di questi percorsi notturni che riempiono la mia vita. non sono visioni come quelle di Ildegarda di Bingen famosa adesso perché cantata da Branduardi. Sono semplici pensieri, percezioni, che aiutano a semplificare la vita. un utile bellezza che mi fa vivere.

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