Ger 10,17-25
17 Raccogli il tuo fardello fuori dal paese, tu che sei cinta d’assedio, 18 poiché dice il Signore: “Ecco, questa volta, caccerò lontano gli abitanti del paese; li ridurrò alle strette, perché mi ritrovino”. 19 Guai a me a causa della mia ferita; la mia piaga è incurabile. Eppure io avevo pensato: “è solo un dolore che io posso sopportare”. 20 La mia tenda è sfasciata tutte le mie corde sono rotte. I miei figli si sono allontanati da me e più non sono. Nessuno pianta ancora la mia tenda e stende i miei teli. 21 I pastori sono diventati insensati, non hanno ricercato più il Signore; per questo non hanno avuto successo, anzi è disperso tutto il loro gregge. 22 Si ode un rumore che avanza e un grande frastuono giunge da settentrione, per ridurre le città di Giuda un deserto, un rifugio di sciacalli. 23 “Lo so, Signore, che l’uomo non è padrone della sua via, non è in potere di chi cammina il dirigere i suoi passi. 24 Correggimi, Signore, ma con giusta misura, non secondo la tua ira, per non farmi vacillare”. 25 Riversa la tua collera sui popoli che non ti conoscono e sulle stirpi che non invocano il tuo nome, poiché hanno divorato Giacobbe l’hanno divorato e consumato, e hanno distrutto la sua dimora.
Commento
Il signore Dio non punisce per vendetta, contro chi si è ribellato a Lui. Come prima cosa egli partecipa al dramma di sofferenza del suo popolo. E poi è come se ci fosse una punizione nella giusta misura. Non si tratta infatti di un giudizio divino di condanna, ma di un intervento finalizzato alla salvezza: “perché mi trovino”. Per questo motivo, la voce protagonista è quella di Israele stesso, che si lamenta sulla sua desolazione: “Guai a me a causa della mia ferita”. La punizione dell’esilio si rivela molto più penosa di ogni previsione. La rovina è drammatica. Ma l’ultimo colpevole non è il popolo, quanto piuttosto i popoli che Dio ha usato come strumento di punizione-ravvedimento per Israele. Tutto quello che abbiamo considerato apre una prospettiva straordinaria, ma propria di chiunque sia stato visitato dal dono di Dio. Essa consiste nell’essere partecipi di più situazioni insieme. Da una parte certamente ognuno conosce la sua responsabilità e la sua colpa, e non può non accettare il giudizio di Dio come dovuto e inevitabile. D’altra parte celebra in sé il dolore per una ferita. Ma anche prega perché la speranza non abbandoni chi ora deve portare il peso delle sue colpe. Questa compartecipazione – che è tra l’altro il segno della fede che non ci abbandona – nasce dalla comunione che Dio ha stabilito con il suo popolo e con ciascuno dei suoi figli, tale che non ci può essere consapevolezza del peccato senza prospettiva di perdono, né dolore senza speranza di consolazione.
Preghiamo
Preghiamo per Maria
Perchè mi trovino….Visitaci sempre Signore….Tu sei fedele, fa che non ci fidiamo di cose fasulle ,ma rassicurati da Tuo Amore abbiamo a riprendere il cammino…Preghiamo per Maria
Correggimi, Signore, ma con giusta misura, non secondo la tua ira, per non farmi vacillare”.
E’ vero che non si può ridurre un brano della parola di Dio a una frase estrapolata, ma questa riga che ho riportato mi sembra proprio bella e necessaria. Il popolo sa di ver bisogno di essere corretto, educato! Ma sa anche che se la correzione fosse troppo forte, non resisterebbe. Lo prendo come un criterio da vivere nelle relazioni con le persone. Preghiamo per la mamma di Don Sandro.
Quando ritroviamo il Signore? Che non sia solo nel momento della paura e del bisogno, ma possa essere una ricerca continua, mirata, desiderata per amore, non per angoscia. Abbiamo tanto la necessità di sapere che non sei troppo adirato con noi, nonostante tutto ciò che ci allontana da Te. E che sai il perché delle cose che avvengono, che noi non sempre conosciamo. Guidaci ad essere semplicemente sensati ed accorti, fiduciosi nel bene che contempli in Te. Mi unisco alla preghiera per Maria, per mamma Margherita e per quanti soffrono, nel corpo e nell’anima.