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di | 19 Marzo 2023

Un amico mi scrive che sono davvero fortunato con tutto quello che ho. Un altro mi dice che è molto bello quello che scrivo, ma difficile da mettere in pratica. grazie per tutto quello che mi suggerite. Provo a rispondere così. Per quanto riguarda la fortuna circa le tante cose che ho e i tanti amici che mi circondano dico questo: è una fortuna, una ricchezza che non voglio che rimanga per me. E’ come avere un bellissimo orto e pensare che tutto quello che ci sta in quell’orto è per me; magari vendendo tutta la verdura che cresce posso pensare di arricchire un po’ me stesso. E così anche con gli amici, più ne ho, più mi sento ricco e pieno di attenzioni che mi rendono felice. Non è questa la strada che voglio seguire, non è questa la direzione che voglio prendere nella vita. Non celebro liturgie che mi sistemano la coscienza perché ricordo la pace, i poveri, i terremotati e via dicendo, celebro liturgie perché voglio che in quel ricordo il mio cuore possa vivere di quella sana inquietudine che mi spinga ad agire a favore di… la mia ricchezza deve essere un segno di solidarietà, un segno di equità, un dono a favore di. La cosa interessante è che la parola di Dio non presenta un modello di povertà. Essere povero perché così mi viene chiesto. La bibbia mi insegna che la mia ricchezza condivisa che fa la mia vita povera è necessaria affinché non ci siano più i poveri sulla terra. Non voglio essere povero perché ho fatto un voto, ma perché è un modo per capire se con la mia ricchezza condivisa posso togliere un po’ della povertà. Non condanno l’abbondanza, condanno l’abbondanza che è fine a se stessa e che crea ulteriore povertà. Non cerco la povertà per essere segno di una presenza particolare nel mondo, cerco invece la povertà come segno di condivisione verso tutti. E qui emerge la  seconda questione: belle cose ma non riesco a metterle in pratica. Io ragiono così e spero che questo ragionamento non venga inteso come una scappatoia al fatto che non riesco a mettere in pratica tutto quello che scrivo. Sono ben cosciente che quello che scrivo nemmeno io riesco a metterlo in pratica nella sua totalità. E allora perché lo scrivo? Come prima cosa perché è un modo che serve a me stesso per dire che devo camminare ancora molto, sempre, ogni giorno. Non scriverlo per me è come non prendere coscienza che devo camminare su questa strada. E poi perché credo che dobbiamo il più possibile avere quella forma di lucidità che ci permette di capire come stanno effettivamente le cose e di prendere atto come dobbiamo porre in maniera corretta le questioni. La vita quotidiana confrontata con la parola sacra mi offre i giusti criteri con cui camminare nella vita. è come quando vado in montagna e do un occhio alla mappa. Ho coscienza di dove devo andare, ma quante volte mi sono dovuto arrendere perché non ce la facevo più a fare quel sentiero che avevo così ben studiato. Ci ho provato e ci riproverò ancora, ogni giorno.

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